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Repubblica/Genova: DAI FANNULLONI AI PRECARI LA NUOVA "IGIENE SOCIALE"

VITTORIO COLETTI

12/10/2008
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la Repubblica

anche nell´università di Genova, come in tutti gli altri atenei e istituti di ricerca d´Italia e in moltissimi altri enti pubblici, centinaia di lavoratori finiranno presto di avere problemi con lo stipendio, perché finirà direttamente lo stipendio stesso. Per ora tocca ai precari. La piaga del precariato, infatti, sta per essere genialmente guarita licenziando i precari. Nella crisi di sistema e in quella specifica dell´Italia, gli ultimi o i penultimi debbono pagare perché i primi continuino ad essere tali.
Purtroppo, questa cultura della selezione sociale non è di oggi né solo della destra. Basta pensare alle infelici battute di Padoa Schioppa ai tempi di Prodi, in linea con le odierne, compiaciute perfidie di Brunetta. Il ragionamento è semplice: si comincia col lodevole intento di premiare i meritevoli e gli efficienti; si passa rapidamente a sostenere che la modernità non può più portarsi dietro i deboli, i non ambiziosi, i meno capaci o, ahimè, anche solo i meno fortunati, i poco ricchi, i mortificati da un lavoro brutto e umiliante; si osserva che costoro sono lavoratori dipendenti (specie pubblici) e quindi li si cataloga tutti nella categoria dei nullafacenti, dei nati stanchi, degli scrocconi di diritti. Una nuova e bipartisan igiene sociale ha, così, lasciato disarmati sindacati e partiti di centrosinistra davanti all´attacco dei tagliatori di teste della destra, abili a nascondersi dietro l´indiscutibile motivazione del merito.
Nessuna voce si è levata a denunciare la trappola nascosta nei miti del giorno, in nome dei quali Marcegaglia prospetta ora addirittura i contratti individuali e la liquidazione di fatto del sindacato. Si è radicato un pensiero trasversale che non si preoccupa di chiedere conto ai potenti (dell´industria, delle professioni, della politica) dei loro enormi privilegi, dei grandi redditi, delle maxi liquidazioni, delle stock options e dei vitalizi, ma si affretta a chiederlo ai piccoli dei loro miseri guadagni, delle minime garanzie assistenziali, di una pensione di 1200 euro dopo 40 anni. Nello stravolgimento generale del linguaggio sono gli ultimi a dover giustificare i loro modestissimi diritti, mentre i primi sono giustificati dalla grandezza stessa dei loro vantaggi. E la critica a questa clamorosa ingiustizia è sprezzantemente bollata come squallida invidia sociale.
Alla manifestazione di mercoledì, da Balbi alla Prefettura, c´era molta gente preoccupata, perché comincia a serpeggiare la dolorosa certezza che i più usciranno malconci da questo che è solo un primo round. La guerra è appena iniziata e una maggioranza che deve tutelare i potenti e i protetti dovrà colpire impietosamente i deboli e i senza tetto sindacale e politico. Ma poiché sono numerose le categorie socioeconomiche, i tipi di professione e attività, le regioni e le città (come Catania) amiche e devote che la maggioranza deve proteggere per non perdere il consenso dei suoi elettori (in questo la destra non è autolesionista come il centrosinistra), a pagare il conto saranno i pubblici dipendenti e in primo luogo quelli dei settori più elettoralmente indifferenti alla destra, cioè quelli della cultura, della scuola, dell´università, della ricerca.
Del resto, in un paese in cui l´unico ascensore sociale ammesso è quello di sposare il figlio di un milionario, non si vede a che cosa possa servire la cultura. Questo è dunque il primo comparto attaccabile. Al suo interno, i precari sono a loro volta i primi bersagli, perché non ci vuole nessun coraggio a farli fuori. Prima di loro, in realtà, sono già caduti i più deboli di tutti, quelli che ancora non si sono nemmeno affacciati al mondo del lavoro e hanno pensato di fare, in futuro, i maestri o i professori o i ricercatori. Rispetto al recente passato, su cinque giovani che potevano sperare di entrare in università, quattro debbono già rinunciarvi per disposizione di Tremonti. La scuola della Gelmini chiuderà le porte in faccia a circa 100 mila aspiranti maestri o professori.
Per i poveri, per i figli di nessuno o anche semplicemente per i non avidi di denaro, per chi non vuole o non può dedicarsi a mestieri ad alto reddito, al massimo ci sarà un posto tra le guardie giurate incaricate di difendere la porta delle beauty farm in cui i grassi di pancia e portafogli andranno a farsi fare i massaggi. Per la cultura, per i lavori intellettuali, per i servizi pubblici si dirà che si spende sempre troppo e che bisognerà tagliare ancora.


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