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Unità: Il Regime delle Idee

Nicola Tranfaglia

20/08/2008
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l'Unità

Berlusconismo

Chi ha passato una parte non piccola della propria vita a studiare i fascismi sa che il modello primogenito, quello di Mussolini, è morto ma ha lasciato in Italia una pesante eredità e che la frase di Marx, citata da Umberto Eco, sul passaggio nella storia dalla tragedia alla farsa, quando un fenomeno si riproduce, ha una sua, innegabile validità.
Ma quali sono le caratteristiche di quel fenomeno che emergono dalla terza ascesa di Berlusconi e dei suoi alleati al governo nazionale?
Prima di tutto la salda fede anti-democratica che li contraddistingue e li spinge a pattugliare le città con l’esercito, a prendere le impronte ai bambini dei Rom con la scusa del censimento, a trattare le prostitute con le botte e la pubblica esposizione, ad esibire una versione della società italiana, gravemente mistificata dei rapporti tra uomini e donne, tra italiani ed immigrati. segue a pagina 24

S
i potrebbe continuare ancora con molti esempi che stanno vivendo in questi ultimi mesi gli italiani in tutta la penisola.
Ma quel che conta di più e di cui si parla troppo poco è l’egemonia culturale (e qui interviene Gramsci, un autore poco letto dai nostri connazionali) di cui non si parla mai.
I seguaci di Berlusconi al governo, in parlamento, nelle città (e sono tanti) dispongono di quasi tutti i mezzi di comunicazione in questo paese: sei reti televisive su sette, tutti i grandi quotidiani se si esclude la Repubblica e migliaia di settimanali e periodici di ogni genere. Giornali e televisioni sono oggi più efficaci e penetranti delle squadre di ribaldi che usò il fascismo per conquistare le campagne e poi le città.
E il centro- sinistra, dobbiamo dirlo per la verità dei fatti, non si oppone, almeno fino ad oggi, con forza sufficiente a quella egemonia che sta distruggendo un’opinione pubblica contraria ai dogmi berlusconiani.
Nando Dalla Chiesa ha scritto su questo giornale che ci sono episodi e fenomeni (come quello dell’attività di molti siti Internet) che gli fanno sperare che qualcosa cambi in Italia.
Mi auguro sinceramente che abbia ragione ma sono un po’ meno ottimista.
Vedo, ad esempio, gli episodi costanti di disinformazione e di mistificazione che rimbalzano dai media sugli italiani.
L’altra sera parlavo qui in Calabria con un giovane avvocato non berlusconiano che trovava buono il lodo Alfano, già diventato legge dello Stato, perché - diceva - è quello che si è fatto in tutti i paesi europei e occidentali.
In quei paesi - sosteneva l’avvocato - tutte le cariche dello Stato hanno una immunità giudiziaria per la durata del mandato.
Gli ho fatto osservare che questo vale per il Capo dello Stato ma non è previsto, nella maggior parte dei paesi, per il capo del potere esecutivo, come invece si è fatto in Italia.
Era stupito di quello che gli dicevo ma potevo pretendere che quel giovane avvocato consultasse da solo tutta la legislazione costituzionale, tra luglio ed agosto, per arrivare alla chiara conclusione cui sono arrivato io?
Direi di no. Spettava ai mezzi di comunicazione televisivi e giornalistici fargli arrivare il messaggio e questo (tranne l’eccezione costituita dall’Unità) non è stato, come tutti possono verificare.
In questo senso l’opinione pubblica in Italia latita o fatica ad esistere. E se un simile costume e modo di funzionare dei mezzi di comunicazione proseguono c’è da preoccuparsi della tenuta democratica dell’Italia repubblicana.
Anche perché molte leggi che un parlamento, con larga maggioranza filoberlusconiana, sta approvando a rotta di collo non pongono con altrettanta chiarezza la scelta tra soluzioni democratiche e soluzioni antidemocratiche.
E non fanno capire dunque ai cittadini comuni il nuovo edificio autoritario che si vuol costruire, uno stato di polizia nel quale il Moloch dello Stato centrale si impone per un’idea astratta di ordine e sicurezza non meglio determinata.
Il problema italiano è sempre quello di classi dirigenti e politiche che son le prime a non osservare le leggi ma che impongono ai cittadini regole ferree destinate a produrre un ordine più o meno perfetto ma questo rimane il paese in cui le associazioni mafiose dominano intere regioni ed hanno legami oscuri con le centrali del potere, in cui la circolazione stradale provoca più vittime che in ogni altro paese europeo, in cui i diritti individuali vigono se si dispone di amici potenti e si indeboliscono se si è diversi o deboli rispetto al resto della popolazione, in cui la giustizia favorisce i potenti e opprime chi non lo è. E si potrebbe continuare.
Ma come si fa a capire se l’informazione resta lacunosa e indirizzata in maniera prevalente a tranquillizzare le masse popolari e a non mettere in luce le deficienze delle classi dirigenti e le loro responsabilità nell’assetto politico e sociale, oltre che economico, del paese?
È a questi interrogativi che le opposizioni parlamentari, e quelle assenti dal parlamento, dovrebbero porre al governo più di frequente, che si dovrebbe rispondere.
Ma questo, dalle ultime elezioni politiche, avviene assai di rado. Ed aumenta negli italiani la sfiducia, se non la rassegnazione, che qualcosa possa cambiare in maniera positiva e l’Italia possa uscire da uno stallo che rischia di riportarla indietro rispetto all’Europa e all’Occidente.


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