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Liberazione: “Notte della ricerca”, per ricordare che non c’è niente da festeggiare

Stasera in tutta Europa laboratori scientifici aperti al pubblico. Aspettando i fondi

22/09/2006
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Liberazione

Davide Varì

Si chiama la “notte della ricerca”, un’occasione per i laboratori scientifici di mezza Europa - una trentina circa, di cui 4 in Italia - per aprirsi al pubblico. Un’opportunità per avvicinare giovani e meno giovani a una serie di materie spesso ostiche e incomprensibili, ma senza dubbio affascinanti. Per questo oggi, fino a tarda notte, i laboratori rimarranno aperti al pubblico che potrà vedere da vicino e toccare con mano di cosa si parla quando si nomina la fantomatica ricerca scientifica.

Un’iniziativa promossa dall’Unione europea per rilanciare un’attività che ultimamente, almeno nel vecchio continente che soffre la competizione serrata di Stati Uniti, Giappone e India, non vive certo di buona salute. Basti pensare che a oggi ci sono circa 85mila ricercatori europei che hanno preferito, o piuttosto hanno dovuto, trasferirsi negli Stati Uniti. Senza contare che i confronti sugli investimenti internazionali indicano che l’UE deve percorrere ancora una lunga strada per raggiungere i suoi principali concorrenti. Sono in numeri a parlare: nel 2004 l’Europa ha destinato alla ricerca solo l’1,9 % del suo Pil, contro il 3,1% del Giappone e il 2,8% degli Stati Uniti. Sembra una differenza da poco ma, a ben vedere, stiamo parlando di decine di milioni di euro in più. O in meno.

E se l’Europa non è in gran forma, che dire dell’Italia? A dirla tutta, il rischio che questa festa della ricerca si trasformi in una “festa alla ricerca”, in un ultimo funerale di un settore che - soprattutto per le scelte scellerate dell’ex governo Berlusconi - è in una crisi forse irreversibile, è più che fondato.

Insomma, se la ricerca europea, soprattutto i ricercatori, qualche ragione per festeggiare ancora ce l'hanno, diversa è la situazione per quelli italiani che sono costretti a stipendi da fame con contratti ballerini, mille rinunce e veri e proprio salti mortali per far quadrare i bilanci e mandare avanti la baracca. A conti fatti spendiamo in ricerca meno della metà degli altri paesi dell’Unione europea, per la precisione, lo 0,7% del Pil. Senza contare che quei pochi soldi, spesso, vengono distribuiti molto male.

L’Istituto di Fisica di Frascati per esempio, una delle punte di eccellenza del nostro paese, e una delle sedi della “Notte della ricerca”, mostra luci ma anche molte ombre. Proprio lì, a due passi da Roma, avrebbero dovuto essere gettate le basi per il futuro e il rilancio della ricerca del belpaese. Un laboratorio nato negli anni ’50 e destinato a riprendere niente meno che le ricerche teoriche e sperimentali di un certo Enrico Fermi. Una pietra miliare della storia della fisica mondiale. Ma le cose stanno in modo diverso. A dire la verità i laboratori sono molto belli e la passione e la competenza di chi ci lavora è fuori discussione.

Ma è parlando con i ricercatori che qualche problemino emerge: «Ho 31 anni - ci dice Lidia, una laurea in Fisica a 23 col massimo dei voti, un dottorato, un’esperienza a Parigi e mille offerte all’estero - e il mio contratto scade tra 9 mesi. Sono cinque anni che sono qui, rinnovo dopo rinnovo, e oggi non so ancora se potrò rimanere». A tutto danno per lei, naturalmente, ma anche per il laboratorio in cui lavora, il quale, dopo un investimento di 5 anni sarà forse costretto a rinunciare a una risorsa così formata e competente. «Non ho certo problemi di offerte all’estero - continua Lidia - ma io vorrei poter continuare a vivere in Italia e proseguire l’attività di ricerca per cui lavoro da anni». Senza contare che all’estero lo stipendio sarebbe almeno il doppio di quello italiano e con prospettive decisamente più serene.

Ma Lidia non è l’unica in questa condizione. L’istituto nazionale di fisica nucleare conta circa 800 collaboratori sparsi nei laboratori di tutta Italia. Ebbene di questi solo 380, meno della metà, hanno un contratto a tempo indeterminato. Per i restanti 420 solo assegni di ricerca e contrati di collaborazione, che a tutto servono meno che a garantire un futuro degno di questi nome.

I problemi, dunque, sono molto profondi. Ce lo conferma anche il professor Mario Calvetti, direttore dei laboratori nazionali di Frascati: «Basti pensare che non abbiamo fondi per pagare la corrente elettrica. E non avere la corrente è come non dare la benzina alla polizia. Rischiamo la paralisi». E sul precariato dei ricercatori? «I ragazzi, io li chiamo così ma spesso sono persone di 35/40 anni, non hanno certezza del futuro. E questo, oltre ad essere un dramma per loro, è una vera perdita per la ricerca. Investiamo in risorse che forse perderemo per strada - continua Calvetti - a tutto danno della ricerca e dell’economia di questo paese».

E nella prossima finanziaria del nuovo governo Prodi? Quanti investimenti sono previsti? Per ora, a parlare, sono le parole del ministro dell’Università e della Ricerca Fabio Mussi: «L’università è un discreto bordello». Al di là di questo c’è l’impegno a finanziare in modo adeguato la nostra ricerca.

Al di là di tutto la “Notte della ricerca” sarà un grande spettacolo. Questi gli appuntamenti: oltre ai laboratori di Frascati - nei quali sarà possibile entrare nel grande e spettacolare acceleratore di particelle - altre iniziative saranno organizzate a Napoli, dove sono previsti tanti eventi sparsi nella città; a Torino dove è stata organizzata una serata di esperimenti scientifici; a Foggia, Lecce e al campus universitario di Bari, dove, dal pomeriggio in poi, i laboratori saranno aperti al pubblico per mostrare esperimenti fino a notte inoltrata.


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