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La FLC Cgil su governance e reclutamento nelle Università

La sintesi della riunione del forum nazionale della docenza universitaria e della ricerca del 3 giugno 2009.

12/06/2009
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Pubblichiamo il resoconto della riunione del forum della docenza universitaria e della ricerca, tenutosi a Roma il 3 giugno scorso, per un primo esame della bozza ministeriale di ddl su governance e reclutamento nelle Università.

Roma, 9 giugno 2009

Forum nazionale della docenza universitaria e della ricerca

Roma, 3 giugno 2009

La riunione del Forum, cui ha partecipato il Segretario Generale della FLC Mimmo Pantaleo, è stata dedicata ad un primo esame del preannunciato ddl del Governo sulla Governance e sul riordino del reclutamento e delle carriere dei docenti universitari, di cui manca ancora un testo ufficiale ed esiste una bozza ufficiosa, risalente al 18 maggio 2009. Le linee generali del provvedimento, in un incontro del 19 maggio, sono state illustrate alle OOSS ed alle altre organizzazioni della Docenza universitaria dal Direttore Generale del MIUR Masia, che ha però evidenziato che sicuramente, prima della presentazione del ddl in Consiglio dei Ministri subito a valle della tornata elettorale, sarebbero state introdotte ulteriori modifiche all’articolato, anche a seguito del confronto in corso tra MIUR e Ministero dell’Economia. Nella stessa riunione del Forum è stato anche effettuata una prima analisi della proposta di legge del PD relativa agli stessi temi ed inviato da questo alle OOSS ed alle organizzazioni della docenza, che sono state invitate ad un incontro per un esame congiunto della materia. Tale incontro si effettuerà probabilmente nell’ultima settimana di giugno. Un incontro “informale”, a seguito di un suo invito, si è avuto il 19 maggio con il Sen Valditara. Lo stesso, che sarà relatore del ddl durante il suo iter parlamentare, ha invitato le OOSS e le altre organizzazioni della docenza universitaria ad un nuovo incontro per il prossimo 16 giugno. Il nostro obiettivo prioritario, in questa fase, è l’apertura di un confronto con il governo nel merito dell’articolato. A tal fine unitariamente abbiamo avanzato al Ministro una richiesta di incontro; nello stesso tempo non abbiamo accolto la richiesta del MIUR di conoscere le nostre osservazioni ai contenuti del provvedimento che ci sono stati comunicati nell’incontro del 19 maggio, non ritenendo “utile, in questa fase ancora fluida, esprimere giudizi su ciò che ancora non e' definito”.

Il confronto con rappresentanti o della maggioranza o dell’opposizione, pur utile durante l’iter parlamentare, non potrà essere sostitutivo del necessario confronto con i rappresentanti del Governo. Inoltre dovremo confrontarci anche con forze politiche e soggetti esterni al parlamento.

Il ddl governativo

Il ddl detta norme sulla governance degli atenei e prevede la delega al governo per il riordino del reclutamento e delle carriere dei docenti universitari e del diritto allo studio.

La governance degli atenei

Il modello proposto prevede una struttura di governo fortemente gerarchizzata, che rispetto alla situazione attuale potenzia in maniera rilevante le prerogative del Rettore (che potrebbe anche non essere eletto) e svuota quelle del Senato accademico cui, oltre all’adozione dei regolamenti (tranne quello di amministrazione contabilità), vengono affidati solo generici compiti di indirizzo in materia di didattica e di ricerca, senza nessun potere di controllo. Le funzioni di programmazione strategica vengono invece affidate al Consiglio di Amministrazione, non più elettivo, costituito da 11 membri, compreso il Rettore e con almeno 5 membri esterni all’Università e che presenta rilevanti poteri anche in materia di organici e di selezione dei docenti.

È proposta l’attribuzione al Dipartimento oltre che delle attuali funzioni per le attività di ricerca e servizio anche di funzioni per le attività didattiche ed in particolare l’incardinamento dei docenti. Sono proposte altresì l’abolizione delle attuali Facoltà e la costituzione di un numero limitato (da 8 a 12) di strutture verticistiche per il coordinamento dei corsi di studio e la programmazione degli organici docenti, costituite dai direttori di dipartimento, da rappresentanti dei coordinatori dei corsi di studio e degli studenti. Il raccordo tra l’ateneo ed il sistema territoriale è affidato ad una consulta d’ateneo. È prevista la possibilità di fusione e aggregazione federativa degli atenei.

È stato preliminarmente evidenziato che il modello proposto, pervaso da elementi marcati di “cesarismo”, contrasta radicalmente la nostra idea di un sistema universitario fondato sul binomio autonomia e partecipazione democratica, e quindi di una università intesa come comunità di pari, libera da gerarchie e capace di autogovernarsi.

Il modello proposto è ispirato ad una visione aziendalistica che pone al primo posto la gestione e l’amministrazione e pone in secondo piano la ricerca e soprattutto la formazione. La proposta non corregge i tagli dei finanziamenti operati della Legge 133 del 2008. L’effetto combinato dei due provvedimenti potrà produrre il ridimensionamento dell’università e della sua autonomia, ed un assetto futuro del sistema universitario che vedrà emergere solo alcuni atenei considerati di eccellenza a scapito della grande massa di tutti gli altri, con il conseguente abbassamento drastico della qualità media del sistema e della penalizzazione in particolare delle università collocate in contesti territoriali svantaggiati. È stato anche sottolineato che la proposta raccoglie diversi consensi nell’ambito della CRUI, che ha sostanzialmente attenuato la sua opposizione ai tagli previsti per il 2010 e che, già prima dell’avvio dell’iter parlamentare della legge, alcuni atenei stanno varando modifiche di statuto che anticipano alcuni contenuti della stessa. La scelta di abolire le Facoltà e di potenziare le prerogative dei Dipartimenti è di per sé condivisibile, ma non può essere accompagnata dalla sostanziale sostituzione degli attuali consigli di Facoltà con una struttura estremamente ristretta, derivante dal raggruppamento di dipartimenti affini e dotata di rilevanti poteri sul destino individuale dei singoli.

Dalla proposta inoltre emerge chiaramente la preoccupazione nei confronti di una eventuale ripresa dell’opposizione del movimento studentesco al disegno del governo; si tenta di prevenire le possibili reazioni con molte concessioni, di natura assolutamente formale, in materia di rappresentanze studentesche nei futuri organi di governo.

È stato infine evidenziato che la nostra opposizione alle proposte del governo non potrà appiattirsi sulla difesa del modello di autonomia attualmente esistente, contraddistinto da molti elementi di autoreferenzialità.

Reclutamento e progressione di carriera dei docenti universitari

La delega al governo prevede un assetto della docenza costituito da tre ruoli distinti, le cui consistenze devono essere tali da configurare un modello a piramide dell’organico docente (almeno il 40% deve essere costituito da ricercatori ed il numero degli associati deve essere maggiore di quello degli ordinari).

Per accedere a ciascuno dei ruoli docenti è necessario il possesso dell’abilitazione scientifica nazionale. A tal fine è istituita, separatamente per le funzioni di ordinario, associato e ricercatore, l’abilitazione di durata quadriennale da conseguire in apposite tornate concorsuali a numero aperto bandite con cadenza periodica. La abilitazione verrà conferita, sulla base della sola valutazione dei titoli, da una commissione nazionale costituita per ciascun settore scientifico disciplinare con un meccanismo misto di elezione e sorteggio. Viene mantenuta la possibilità prevista dalla Legge Moratti di chiamare direttamente, in ciascun ruolo, soggetti di “chiara fama”. Escludendo questo caso, una quota inferiore alla metà dei posti potrà essere coperta localmente per chiamata diretta di docenti in servizio presso l’ateneo da parte del consiglio di amministrazione, sentito l’organismo ristretto di coordinamento dei dipartimenti e su richiesta del dipartimento interessato. La restante parte dei posti, riservata a candidati esterni, sarà assegnata con procedure di valutazione comparativa, bandite localmente secondo modalità definite dai regolamenti di ateneo.

Viene preannunciata una revisione del trattamento retributivo che dovrebbe essere correlato ad un impegno orario annuo complessivo di almeno 1512 ore e viene previsto il blocco degli scatti biennali nel caso di valutazione negativa delle attività dei singoli da parte di un’apposita commissione d’ateneo che valuta una relazione di attività biennale.

Viene infine previsto il trasferimento delle competenze in materia di provvedimenti disciplinari dal CUN all’ateneo.

È stato preliminarmente evidenziato che la proposta del governo non opera affatto l’auspicata separazione tra reclutamento e progressione di carriera ed è molto distante dal modello di carriera da noi formulato a più riprese, e che prevede un accesso al ruolo unico della docenza attraverso un percorso anche rigoroso del tipo “tenure track”, ed una progressione interna scandita da successive valutazioni periodiche tese ad accertare il livello di maturità professionale conseguito, pur salvaguardando la possibilità di accelerare la carriera attraverso accessi dall’esterno con opportune procedure di valutazione comparative. Inoltre il meccanismo proposto dal governo, in aggiunta ai rischi di abusi potenzialmente connessi all’ampliamento delle chiamate dirette dei soggetti di “chiara fama”, introduce dei preoccupanti elementi di discrezionalità degli organi di governo rispetto alla collocazione dei singoli nei due possibili percorsi alternativi ipotizzati di carriera, rispettivamente di scorrimento interno per chiamata diretta, oppure di concorso di valutazione comparativa presso un’altra sede universitaria.

È stata sottolineata l’assenza di misure tese a fornire risposte credibili alle impellenti necessità di ricambio generazionale, assenza aggravata dalla mancata abrogazione della messa ad esaurimento nel 2013 della figura del ricercatore a tempo indeterminato prevista dalla L. 230 (Legge “Moratti”), ciò che configura un assetto a regime della docenza con una fascia di accesso a tempo determinato, e conseguentemente un accesso in un ruolo permanente ad un’età ancora più avanzata rispetto all’attuale situazione.

È stato evidenziato che mentre da una parte le scelte generali del Ministro Brunetta nel pubblico impiego dovrebbero coerentemente condurre alla contrattualizzazione dei docenti universitari, dall’altra nel provvedimento del governo esiste una irragionevole contraddizione tra la delegificazione di norme di stato giuridico rinviate ai regolamenti di Ateneo e l’apparente mantenimento degli attuali meccanismi retributivi definiti per legge e fondati sugli scatti biennali di anzianità.

È stato infine sottolineata l’esigenza che nel ridisegno delle figure docenti destinate alla formazione ed alla ricerca venga ribadita la specifica collocazione dei lettori nel settore strategico dell’insegnamento delle lingue.

La delega al Governo in materia di diritto allo studio

La proposta è relativa all’adeguamento delle norme in vigore, definite dalla legge quadro Ruberti del 1990, a quanto previsto dalla recente modifica del Titolo V della Costituzione.

La proposta di legge del PD

La proposta presenta, rispetto a quella del Governo, significativi punti di contatto ed al tempo stesso rilevanti e in alcuni casi positivi scostamenti. Gli esiti del confronto parlamentare si presentano incerti e potrebbero prefigurare sia possibili convergenze tra maggioranza ed opposizione, sia un confronto aspro in funzione anche del clima generale che si determinerà in Parlamento e nel Paese dopo la conclusione dell’attuale fase elettorale. Imprevedibili potranno essere anche gli effetti delle possibili pressioni di gruppi accademici, che nel passato non sono mai mancate in circostanze similari.

In particolare, la proposta del PD prevede preliminarmente l’abrogazione dei tagli finanziari alle università introdotti nel 2008, ed incrementi del FFO a copertura degli adeguamenti retributivi automatici, fissando l’obbiettivo di raggiungere nel 2020, per il livello di spesa destinata al settore dell’istruzione, il valore medio della spesa nei paesi dell’OCSE. La proposta prevede inoltre quote crescenti di finanziamento da ripartire in funzione della qualità dei risultati ottenuti, il trasferimento alle università dei beni demaniali in uso, la defiscalizzazione dei finanziamenti privati, il trasferimento del 50% del fondo FIRST per finanziare i PRIN e la ricerca degli EPR, e l’abrogazione della possibilità di trasformare gli atenei in fondazioni di diritto privato introdotta dall’art. 16 della Legge 133/2008.

Per ciò che riguarda la Governance, il modello della struttura proposta è analoga a quella del Governo, in particolare per la presenza di un Consiglio di amministrazione non elettivo in cui è presente almeno un terzo di componenti esterni al sistema universitario, e che ha poteri in materia di organici e di selezione dei docenti. A differenza, però, della proposta del Governo, la programmazione strategica è affidata al senato accademico che mantiene poteri di controllo e può sfiduciare il rettore. È previsto, nel caso di gravi violazioni di norme di gestione, il commissariamento da parte del MIUR del rettore e del consiglio di amministrazione.

Anche in questa proposta è prevista l’abolizione delle attuali Facoltà ed un unico livello di strutture interne, con funzioni sia di ricerca che di didattica, in cui sono incardinati i professori e i ricercatori. Pur essendo possibile la gestione in forma aggregata dei corsi di studio, a differenza della proposta del Governo, non è previsto un organo ristretto intermedio tra le strutture interne e gli organi centrali di governo degli atenei.

Per ciò che riguarda la struttura della docenza, anche la proposta del PD prevede un assetto costituito da tre ruoli distinti (prima, seconda e terza fascia dei professori universitari), le cui consistenze devono essere predeterminate. L’accesso alla singola fascia prevede due step: il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale ed una selezione locale. Anche per quest’ultima, come nella proposta del Governo, vengono previsti due distinti canali, a numeri predeterminati, riservati allo scorrimento interno e all’accesso dall’esterno. Per realizzare tale architettura della carriera dei docenti, è istituita la terza fascia dei professori universitari, che costituisce una figura permanente ed in cui vengono inquadrati su richiesta i ricercatori confermati già titolari in un triennio di un affidamento o di una supplenza. È stata a tale proposito evidenziata l’inopportunità di attribuire, come nella legge Moratti, il titolo di professore aggregato a tali figure. È prevista una manovra straordinaria di reclutamento in tale fascia, confermando ed ampliando i finanziamenti già stanziati a suo tempo dal Ministro Mussi per i ricercatori.

Sono previste per i titolari degli assegni di ricerca l’applicazione dei trattamenti previdenziali ed assistenziali del personale assunto a tempo determinato ed una rappresentanza nel senato accademico. Sono introdotte sostanziali limitazioni nell’attribuzione dei contratti di insegnamento.

A conclusione del dibattito è stata decisa una nuova riunione del Forum successiva alla definizione da parte del governo di un testo ufficiale di ddl. La FLC dovrà elaborare un apposito documento di controproposte ed osservazioni ed avviare negli atenei una campagna di ascolto di massa in grado di coinvolgere tutti i protagonisti della vita universitaria.