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Conferenza di Produzione INFN: "Noi della Ricerca per il Paese"

Il resoconto dei lavori del 13 giugno 2007, le relazioni, i contributi, i nostri click

13/06/2007
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Vai ai nostri click

I lavori della nostra iniziativa sono iniziati alle ore 10.00 presso l’Aula Amaldi dello storico Istituto di Fisica dell’Università “La Sapienza” di Roma. Questa è la seconda delle Conferenze di Produzione che la FLC sta organizzando in tutti gli Enti di Ricerca.

L’iniziativa è stata introdotte da Gianna Cioni, Segretaria nazionale della FLC Cgil, con delega alle politiche della Ricerca. Di seguito il suo intervento.

La FLC Cgil ha deciso di far partire una serie di Conferenze di Produzione in tutti gli enti pubblici di ricerca. Questa è la seconda, dopo quella del 29 maggio all’ICRAM.
Il nome, Conferenze di Produzione fa parte della storia della CGIL e fa riferimento alla volontà di riportare ad un ruolo di protagonismo quanti lavorano in una specifica realtà, per noi i singoli enti di ricerca, di ridare loro piena possibilità di esprimersi, di porre problemi, di iniziare a definire soluzioni, sempre a partire dai rispettivi ruoli e dalle diverse, ma tutte fondamentali, professionalità.
Dare la voce ai ricercatori, ai tecnologi, ai tecnici, agli amministrativi, ai precari, fare esprimere pubblicamente le rispettive posizioni ci sembra importante anche in un ente dove esistono sedi e luoghi in cui rappresentanti del personale hanno la possibilità di esprimersi. C’è sempre qualcosa da rendere più trasparente e è sempre importante che chi opera negli enti abbia l’opportunità di manifestare personalmente e direttamente il proprio pensiero. E ciò vale anche e soprattutto per il personale precario che è oggettivamente meno libero di esprimersi, ma il cui ruolo ed i cui problemi per la FLC sono fondamentali. Ci sembra importante tutto questo per un vero e pieno rilancio dell’ente nell’immediato, ma anche in una prospettiva più lunga.

E non è un caso se la Conferenza di Produzione dell’INFN è una delle prime. Altri parleranno specificatamente di questo ente.
Io voglio richiamare solo un aspetto: stiamo parlando di un ente che dalla maggior parte della comunità scientifica viene considerato un’eccellenza e un esempio da considerare attentamente, se non addirittura da copiare. Ma troppo spesso ci si dimentica di vedere nel loro complesso tutti gli enti di ricerca e di considerarli come un sistema. Ce ne dimentichiamo noi privilegiando l’appartenenza a singoli enti e se ne dimentica la politica che fraziona la comunità scientifica ed opera sulla ricerca senza un reale coordinamento rendendo così il sistema più debole e manipolabile. Ma ci si dimentica anche di ascoltare la comunità scientifica quando si assumono decisioni politiche (l’ovvio esempio è il contenuto del disegno di legge per il riordino degli enti di ricerca, ma ne esistono molti altri a partire da quelli gravissimi del Governo precedente) e si continua nei fatti a considerare la ricerca pubblica come un lusso.

E’ per questi motivi che abbiamo scelto di partire dall’INFN, forse anche nella speranza che voi siate di aiuto e di slancio per tutto il personale degli enti di ricerca.

Termino annunciando o ricordando che tra pochi giorni, il 19 e 20 ci sarà il Convegno sulla ricerca che sarà concluso da Guglielmo Epifani per sottolineare l’importanza della ricerca pubblica per la CGIL e vedrà la presenza di 2 ministri, Mussi e Nicolais. A loro, ed a tutto il Governo, presenteremo le richieste, le urgenze assolute degli enti di ricerca. Ci aspettiamo risposte concrete e decise nel prossimo DPEF e nella prossima Legge Finanziaria. Abbiamo voluto intitolarlo: Noi della ricerca per il Paese”.

Subito dopo è Emilio Favero, responsabile del Comitato Nazionale dell’INFN della FLC Cgil, a svolgere la relazione introduttiva con l’obiettivo di porre i principali problemi. Scarica la relazione integrale.

Durante i lavori della mattinata sono seguiti altri contributi di cui riportiamo, di seguito le versioni integrali.

Lamberto Luminari, ricercatore della Sezione di Roma 1, che ha affrontato il tema programmazione, autonomia e valutazione nel lavoro del ricercatore. Scarica la relazione integrale.

Valerio Bocci, tecnologo della Sezione di Roma 1, che ha presentato gli aspetti del ruolo del tecnologo e le problematiche non risolte per la piena valorizzazione di questa figura. (La relazione sarà pubblicata nei prossimi giorni)

Ernesto Filoni, tecnico della Sezione di Torino, è intervenuto sui problemi del personale tecnico e amministrativo in un ente che è cambiato profondamente. Scarica la relazione integrale.

Riccardo Gargana, tecnologo precario della Sezione di Roma 3, ha affrontato le problematiche dei precari senza diritti. Scarica la relazione integrale.

Ha preso, quindi la parola il Presidente dell’INFN Prof. Roberto Petronzio che ha ringraziato dell’occasione che la FLC Cgil gli ha fornito di confrontarsi sui problemi dell’ente e parte dai parametri di giudizio sulla “produttività” dell’INFN.

Questa la sintesi del suo intervento.

Riguardo alla validità dei programmi sottolinea che sono pronti molti nuovi esperimenti (tanta nuova fisica). Si tratta di esperimenti che hanno richiesto molte risorse finanziarie ed umane e che durano molti anni. L’ente risulta altamente competitivo e presente in tutti i principali settori, occorre solo non rischiare la dispersione.

Sulla capacità di innovare l’ente dimostra molte capacità e continua a collaborare con partner internazionali, ma occorre che gli sia data la possibilità di includere nella programmazione personale stabile e che il ministero si impegni sul fronte delle grandi infrastrutture per la ricerca di concerto con l’Europa.

Tutto ciò che l’ente riesce a fare lo deve al suo personale. Ora si stanno per compiere operazioni straordinarie (stabilizzazioni, nuove assunzioni e progressioni di carriera) ma occorre prevedere un processo ordinario riguardo al personale. Finalmente è stato approvato il Piano triennale e si è raggiunto l’accordo con le Organizzazioni Sindacali. I vincitori di concorso saranno tutti assunti, circa 250 precari potranno usufruire delle stabilizzazioni ma occorrono fondi. Il percorso normale che si deve proporre ai giovani è il dottorato, un periodo all’estero e poi una tenure track con l’obiettivo di entrare in ruolo verso i 30-34 anni. Deve essere eliminata la figura dei collaboratori, il merito deve essere premiato e si deve incentivare la mobilità. La ricerca non è assimilabile alla pubblica Amministrazione. Devono essere invece mantenuti e potenziati meccanismi di osmosi con l’università e si deve attuare una programmazione bilaterale in modo concordato. Ma anche con le imprese devono essere aperti colloqui per favorire sbocchi professionali qualificati. Occorre inoltre favorire la presenza femminile nell’ente.

L’ente sta dimostrando una grande aggressività ed una capacità di reperire fondi sia a livello europeo sia dalle regioni sia dalle PMI. Questi fondi servono anche per il personale ma occorre non far crescere il precariato.

L’impatto sociale dell’ente si manifesta nella capacità di incidere sui bisogni sociali del paese, l’esempio riguarda le ricerche nel settore sanitario e finalmente nascono accordi quadri con altri enti di ricerca, con i ministeri e le istituzioni. E’ importante anche operare sulle infrastrutture comuni. Si sta già lavorando nel settore dell’energia soprattutto sul piano della formazione e sta per uscire un libro bianco sul nucleare.

E’ infine cresciuta la capacità di comunicare e di farsi conoscere nel paese.

Il Presidente termina affermando che l’INFN è in corsa occorre che non vada in debito di ossigeno. Al Governo si chiede un’accelerazione nelle sue iniziative, più fondi a livello pluriennale. Si chiede che venga effettuata una vera programmazione e non ci si limiti a valutare.
Al Parlamento si chiede un patto di stabilità per la ricerca.

Al termine dei contributi dei relatori si è aperto il dibattito al quale hanno partecipato molti dei presenti. Nei prossimi giorni pubblicheremo un ampio resoconto di quanto è emerso dagli interventi.

I lavori del pomeriggio

I lavori del pomeriggio si aprono con la tavola rotonda moderata da Romeo Bossoli, giornalista, che parte descrivendo che cosa ha notato entrando dell’ente: grande vivacità scientifica e anche giovinezza maggiore degli altri enti. Ha visto un ente che fa grandi sfide. Ma la scienza è cambiata negli ultimi anni: i progetti sono più grossi e più costosi. Siamo coscienti di ciò e in grado di reggere ai cambiamenti?
Sergio Bertolucci, vice presidente dell’INFN, risponde che la comunità scientifica mondiale ha reagito in modo diverso: in Italia ci sono lentezze. L’INFN sta cercando di adattarsi. Le grandi dimensioni dei progetti rischiano di allungare i tempi per le persone che finiscono ad essere troppo specializzati e quindi incapaci di comunicare, anche perché c’è chiusura verso l’esterno. Oggi è urgente cogliere tutti i risultati ma anche prepararsi ai cambiamenti.
Occorre anche raccogliere la gemmazione di piccole ricerche che nascono a latere dei grandi progetti e che devono essere incentivate soprattutto per i più giovani.
Paolo Saracco, ricercatore INFN, aggiunge che è chiaro che cosa ci si aspetta nei prossimi 10 anni. Ma rispetto al passato la quantità e qualità della scienza competitiva con la fisica è aumentata. Non ci si può più aspettare quindi risorse illimitate e c’è la necessità di competere.
La troppa rilevanza dei finanziamenti di ricerca a programmi porta necessariamente al precariato, frammentando i progetti stessi. E così si perdono intere generazioni.
Cambia anche l’organizzazione del lavoro, ad esempio il ruolo dei tecnici rischia di essere compresso, e questo porta esigenze di formazione ma anche rapporti diversi nell’ente. Le decisioni oggi vengono prese in modo sostanzialmente diverso e rischia di venire a mancare una reale partecipazione alle scelte.
Che fare? Senza pretendere di dare qui una risposta esaustiva è un problema che va posto anche rivedendo l’organizzazione dell’ente.
E poi c’è il problema dei tanti (i super precari) che non possono partecipare in nessun modo.
Rino Falcone, Consigliere MiUR, chiamato in causa sui fondi che sono diminuiti drasticamente, dice che il Ministro è alla Camera a relazionare sia sui concorsi per ricercatori universitari, sia sulla legge delega sul riordino degli enti di ricerca.
Nel mondo i finanziamenti alla ricerca sono più che raddoppiati, soprattutto da parte dei privati e il mondo della ricerca si è allargato. In Europa c’è solo un lieve incremento, in Italia neppure questo. E ciò soprattutto negli EPR che si è anche cercato di trasformare in aziende sotto un forte dominio politico.
L’attuale Ministro vuole modificare questo stato delle cose, vuole farlo rilanciando anche la ricerca non a progetto ma basata su una auto-programmazione. In questo anno, oltre al fatto che il Governo non ha ancora assegnato le risorse presenti nella finanziaria, non c’è stato ancora questo cambiamento.
La politica deve agire:

  1. per stabilire le condizioni necessarie perché le istituzioni pubbliche possano operare.

  2. Per definire le priorità e le missioni degli enti.

  3. Per dare risorse anche per le attività ordinarie.

C’è poi un livello micro anch’esso importante come il precedente: negli enti regna la delusione, la stanchezza di chi non è più protagonista. Occorre operare anche su questo piano che comprende prima di tutto il precariato ma non si limita a questo.
Bassoli chiede perché la lobby della ricerca non riesce a pesare.
Saracco risponde che il tentativo di mettere le mani sulla ricerca pubblica dipende dalle imprese che scaricano costi e rischi sul pubblico, ma anche da un modello che richiede sostanzialmente inutile la ricerca (modello adattato o chiavi in mano tipico del precedente Governo ma nei fatti non ancora superato).
Bertolucci afferma che per uscire dall’attuale situazione occorre:

  1. dare agli enti risorse per i rinnovi dei contratti

  2. eliminare il blocco delle assunzioni per evitare ogni effetto negativo presente e futuro

  3. finanziare e poi valutare per dare incrementi di finanziamenti

  4. affiancare ai progetti la crescita delle competenze e delle ricerche di base

  5. nel CIPE assumere una politica vera sulla ricerca e eliminare ogni finanziamento senza valutazione

Bassoli pone il problema che sui media l’interesse e il fascino della ricerca è scemato e rimane solo la domanda a che cosa serve. I danni culturali di uno sviluppo senza ricerca ci sono già. Come cambiare?
Falcone afferma che la politica ha difficoltà a programmare a tempi lunghi. E’ inoltre un dato di fatto che la cultura scientifica nel paese e non solo si riduce. Occorre imparare a comunicare più e meglio sulla scienza, non solo quella “utile”. Occorre soprattutto aumentare il numero dei ricercatori, i finanziamenti ordinari e ridare autonomia alla ricerca accompagnando questa con la valutazione.
La scelta che il Ministro dell’Università e Ricerca stia nel CIPE è positiva. Si sta lavorando per collocare grandi infrastrutture per la ricerca nel Mezzogiorno con i fondi del PON.
Saracco afferma che sicuramente l’ente avrebbe dovuto in alcuni casi sviluppare maggiormente le ricadute applicative delle proprie ricerche (esempio la utilizzabilità di Ape da parte di non specialisti). Ma ritiene che non abbia senso chiedere all’INFN di fare altro dalla ricerca di base: lo farebbe male. Ma comunque l’ente deve avere il coraggio di diversificarsi.
E la ricerca deve stare dentro ad un patto di stabilità.
In alcuni interventi viene sottolineata la necessità che anche il Governo guardi al resto del mondo per vedere come si opera per la ricerca e che venga sostenuta tutta la ricerca pubblica e non solo la Fisica.
Bertolucci chiude dicendo che ognuno deve svolgere il proprio ruolo: il Governo deve urgentemente dare le risorse per impedire che si interrompano progetti in corso e per pagare la quota di partecipazione al CERN. L’ente deve operare con trasparenza in particolare sulle stabilizzazioni. Deve svolgere un ruolo di formazione anche insieme con le Regioni per formare ad esempio bravi tecnici che servono anche al suo interno e che comunque saranno risorse per la società.
Falcone ricorda che il riordino degli enti di ricerca si è reso necessario per liberare alcuni di questi, come il CNR, e ridare loro quella autonomia che è stata completamente cancellata.

Dopo i ringraziamenti rivolti a tutti i presenti da Emilio Favero, prende la parola Enrico Panini, Segretario generale della FLC Cgil, che conclude i nostri lavori.

“L’iniziativa è riuscita sia quantitativamente che qualitativamente.

  • Facendo il punto sulle missioni degli enti di ricerca nell’ottica di chi vi lavora ci accorgiamo che le motivazioni e il senso di appartenenza tende a venir meno. Per la FLC questo è un segnale preoccupante anche perché è comune a tutti gli enti. Occorre quindi un maggior protagonismo dei lavoratori.

  • Lo scarso peso che si dà alla ricerca in questo paese non è solo un problema di risorse ma anche di modello di sviluppo. Per questo la FLC vuole incidere subito sulle scelte del Governo a cominciare dal DPEF. Le lobbies della ricerca sono troppo spesso espressioni di interessi particolari e non un sistema e per tale motivo non riescono a fare massa critica. E’ finito il tempo in cui si può difendere un solo ente di ricerca. C’è un problema di investimenti e di crescita strategica del paese, ma c’è anche bisogno di curare la ricerca.

  • Sulla legge delega in discussione alla Camera la FLC ha condiviso le motivazioni perché doveva rispondere alle richieste che da troppo tempo abbiamo fatto, ma non condividiamo alcune scelte fatte su parti importanti del testo (ad es.: il fatto che il provvedimento riguardi solo gli Enti vigilati dal MIUR). Per questo motivo abbiamo fatto le osservazioni che compaiono sul sito FLC e abbiamo chiesto unitariamente un’audizione e modifiche sostanziali. Il Parlamento ed il Governo hanno gli strumenti per accogliere le nostre richieste.

  • Abbiamo parlato di precariato. La finanziaria dà troppo poco. Nel DPEF vogliamo altri impegni concreti: un solo tipo di rapporto di lavoro dopo la formazione, trasparenza in tutte le procedure, certezza dei tempi e tanti nuovi ingressi negli enti. Quando a novembre si voterà per le RSU anche i precari devono votare ed essere eleggibili. In questo modo si contribuisce all’unità del mondo del lavoro per la CGIL fondamentale.

  • Con l’accordo da poco stipulato ci sono le risorse utili per il rinnovo dei contratti. Si è convenuto di aprire tuttii tavoli di trattativae il ministro Nicolais ha richiesto al Comitato di Settore la rapida emanazione dell’atto di indirizzo per la ricerca. Nel contratto noi intendiamo parlare anche a tutti i precari sia sul fronte dei diritti che del salario. In parallelo vogliamo che vada avanti il Memorandum per l’università e la ricerca fondamentale per impegnare il Governo sulle priorità che dovranno poi stare nel DPEF. C’è anche un accordo firmato sulla disponibilità ad iniziare a discutere sulla durata dei contratti. Ovviamente una condizione necessaria per addivenire ad un accordo è che l’inflazione sia calcolata ogni anno.

Abbiamo tanto da fare a cominciare dal convegno della prossima settimana e dalla manifestazione che faremo sul precariato entro la fine del mese.”

Roma, 13 giugno 2007

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