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Istituto Europeo di Tecnologia. Valorizzare ed integrare quanto già esiste

Mentre il Parlamento Europeo approva il Settimo programma Quadro (PQ7), prosegue la riflessione sul costituendo IET. La FLC giudica positiva l’iniziativa solo se dimensionata e collocata come rete che valorizzi ed integri l’esistente.

22/06/2006
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La Commissione Europea ha presentato l’8 giugno la sua posizione, non ancora definitiva, ma costruita anche sulla base di un ampio processo di consultazione a cui ha partecipato anche l’Etuce, sulle caratteristiche dell’Istituto Europeo di Tecnologia (IET).

Le motivazioni dell’iniziativa sono sicuramente condivisibili: creare un collegamento più stretto tra ricerca, istruzione e innovazione e colmare il gap, esistente in tutta l’Europa, tra mondo della ricerca e dell’alta formazione e imprese che costituisce un ostacolo alla competitività.

Gli obiettivi del progetto sono:

  • Aggiungere un nuovo strumento a quelli già presenti (VII Programma Quadro, European Research Council per la ricerca di base e reti di eccellenza);

  • Aumentare la massa critica in alcuni settori di interesse per l’aumento della competitività;

  • Porre l’innovazione al centro del triangolo della conoscenza;

  • Sviluppare capacità imprenditoriali già a livello degli studi;

  • Collegare l’alta formazione con l’innovazione.

Le caratteristiche dell’IET dovrebbero essere:

  • Linee di intervento generali decise a livello politico;

  • Totale autonomia dell’istituto a livello operativo;

  • Un nucleo centrale snello con capacità di valutazione scientifica interna e/o esterna e comunità della conoscenza come strumenti operativi con personale interno, comandato, distaccato o altro;

  • Finanziamenti aggiuntivi che vadano crescendo negli anni, anche di privati.

Quello che non vorremmo succedesse è:

  • La creazione dall’alto di una ulteriore struttura che si aggiunga a quelle già esistenti a livello nazionale (critica analoga a quella da noi sempre fatta sull’IIT) invece di porre in rete su specifici obiettivi le migliori realtà dei diversi paesi;

  • che la flessibilità sui rapporti di lavoro si trasformi in precarietà da un lato e in premi dall’altro.

Ma esistono due punti specifici che vedono la nostra assoluta contrarietà:

  • La volontà espressa in tutti i documenti di rilasciare titoli di studio universitari che devono essere riconosciuti dagli stati membri, ma, apparentemente, al di fuori del circuito universitario e con conoscenze più pertinenti per le professioni e l’avvio di imprese che non per una forte formazione di base;

  • L’idea di fare dell’IET il faro dell’eccellenza nel campo dell’istruzione e della ricerca oltre che dell’innovazione.

E’ stato appena approvato dal Parlamento Europeo il Settimo Programma Quadro nell’ambito del quale è stato raggiunto con fatica un equilibrio soddisfacente tra ricerca e innovazione. La nascita dell’IET non deve alterare questo equilibrio.

Roma, 22 giugno 2006