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I risparmi irrazionali dell'Istat: l'esempio delle chiusure forzate

Un'analisi dei "piani di razionalizzazione delle spese"

19/03/2019
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A partire dai due documenti dell'Istat sui risparmi 2016-2018 e sul 2019-2021 (in bozza e in discussione alla riunione del Consiglio del 20 marzo 2019), proviamo a capire come fa i conti l'Istat.

Nel piano di risparmio 2016-2018 erano previsti 5 giorni di chiusura forzata all'anno, per un totale di 15.
Ogni giorno di chiusura avrebbe portato, secondo le stime dell'amministrazione, a un risparmio di 9.686 euro, quindi poco meno di 50mila euro l'anno.
Notiamo due particolari: 
1) Nel documento è scritto che "per la relativa realizzazione" della chiusura forzata "occorre il concorso delle parti sociali".
2) Nei fatti i giorni di chiusura sono stati solo 7 nel triennio (1 nel 2016, 1 nel 2017, 5 nel 2018): meno di metà di quanto previsto nel piano.

Passiamo quindi al piano 2019-2021 (in bozza). 

Un giorno di chiusura, secondo i nuovi calcoli, farebbe risparmiare all'Istituto 7.378 euro.
Stavolta però i giorni previsti sono 7 all'anno, per un totale di 21. Il risparmio quindi arriverebbe, confrontando i 21 giorni rispetto ai 7 effettivamente realizzati del triennio precedente, poco sopra i 100mila euro nel triennio.

A parte gli evidenti errori nella tabella di pagina 8 del piano nuovo (i conti non tornano), quello che salta agli occhi è che la spesa annuale prevista nel piano 2016-2018 per le sedi, con tutto il grande risparmio di 15 giorni di chiusura forzata, era pari a  3.498.919 euro l'anno, mentre nel piano 2019-2021 il consuntivo dello stesso triennio 2016-2018, nonostante le chiusure forzate siano state meno della metà del previsto, è invece pari a 2.608.812 euro! Quindi l'Istituto - se i numeri non sono stati inseriti lì da un generatore casuale - ha risparmiato quasi 1 milione di euro all'anno in energia elettrica, riscaldamento, acqua e vigilanza, nonostante non sia riuscito a forzare tutte le chiusure che aveva preventivato!!!
Se davvero ci sono stati tutti questi risparmi sulle spese accessorie delle sedi, davvero non si possono spendere più soldi per regolarizzare e ampliare il parcheggio di Tuscolana o per creare uno spazio ristoro nella sede di Piazza Marconi?

A questo punto ci chiediamo da dove vengono questi risparmi, perché non sono stati messi nel Piano? 

Davvero il Consiglio ha intenzione di avallare un documento che certifica un risparmio imprevisto di 1 milione di euro l'anno a fronte di uno preventivato di 50mila? Come mai nel 2015 l'Istat era convinto che per chiudere le sedi serviva il consenso delle "parti sociali", ovvero dei sindacati, mentre oggi pensa di poter fare come gli pare?
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