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Manovra, previdenza e pensioni: un pegno per la vita

Aumento dell'età pensionabile delle donne, blocco dei contratti e degli scatti di anzianità: gli effetti della crisi si prolungano sull'intera vita lavorativa e sulla pensione

04/08/2010
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Il Decreto Legge n. 78 riguardante le "Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica", al momento in cui scriviamo non ha ancora esaurito completamente l'iter parlamentare per la conversione in legge: in Senato è stato già approvato con il voto di fiducia e la Camera si appresta a farlo. Quindi non ci aspettiamo sorprese sui tagli a Regioni e Enti locali e sulle parti che colpiscono i lavoratori pubblici ed in particolare quelli del settore della scuola.
Il ragionamento che qui di seguito sviluppiamo prende in considerazione le ricadute della manovra sulla situazione previdenziale dei lavoratori della conoscenza.
L'elemento più evidente, e forse anche il più dirompente ed iniquo, è quello che a decorrere dal 1° gennaio 2012 l'età pensionabile per le lavoratrici del pubblico impiego passa da 61 a 65 anni.
Il Governo ci racconta che è l'Unione europea a chiedere la parità di trattamento tra uomini e donne relativamente all'età pensionabile. In realtà dall'Europa ci viene richiesto di uniformare i trattamenti a partire dalle pari opportunità di accesso ai lavori, dalle pari retribuzioni, dal potenziamento dei servizi sociali a supporto della maternità e della famiglia.

Maestre d'asilo settantenni ...

Le ricadute saranno enormi su un settore lavorativo in cui la presenza femminile supera complessivamente il 60% del personale e in alcuni ambiti (quello della scuola elementare e materna) supera anche il 70%.
Sono settori in cui non esiste, a tutt'oggi, la possibilità di diversificare le mansioni e le attività lavorative e dove la relazione educativa tra docente e alunno è fortemente condizionata anche dalla differenza di età.
Il Governo ci assicura che le lavoratrici che hanno maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2011 non subiranno alcuna penalizzazione. In quella condizione si trovano solo quelle nate entro il 1950. Tutte le altre, la quasi totalità, dovranno lavorare fino ai 65 anni.
Il secondo elemento che avrà effetti sulla situazione previdenziale di tutti i lavoratori pubblici è quello del blocco della contrattazione. Questo vale sia per chi si trova nel sistema retributivo sia per chi si trova nel sistema misto o in quello esclusivamente contributivo.
Più è giovane il lavoratore (dal punto di vista della vita lavorativa), e quindi più si è inseriti a pieno titolo nel sistema contributivo, più pesanti sono le ripercussioni sul versante sia della tenuta del potere d'acquisto della retribuzione che della contribuzione previdenziale. Saltare una tornata contrattuale (e il decreto specifica bene che non c'è possibilità di recupero) produce inoltre degli effetti di trascinamento destinati a ridurre progressivamente la copertura previdenziale.

... e per i giovani nessuna prospettiva di pensione

Il sistema previdenziale italiano è un sistema in equilibrio finanziario e quindi non ha bisogno di operazioni di sostegno. Sarebbe, invece, necessario sostenere il reddito degli attuali pensionati e assicurare una prospettiva previdenziale alle giovani generazioni.
Al blocco della contrattazione, per il personale della scuola occorre aggiungere la punizione del blocco degli scatti di anzianità. Misura, questa, che colpisce sia il salario fondamentale che quello accessorio (Rpd dei docenti). Non è cosa di poco conto in un settore che consente incrementi salariali solo per via di contrattazione e per aumento dell'età lavorativa.
Nel concreto, questa misura rende quasi impossibile raggiungere l'ultimo scatto stipendiale che si consegue con i 35 anni di servizio effettivo, ovvia conseguenza è che più è basso lo stipendio di riferimento più è bassa la base di calcolo della pensione con il sistema retributivo e più è bassa la contribuzione con il sistema contributivo.


Chi paga la crisi e quanto

Da ultimo, il passaggio coatto dal Tfs (trattamento di fine servizio, la buonuscita) a Tfr (trattamento di fine rapporto). Si trasforma cioè un istituto di carattere previdenziale (il Tfs) in un istituto di carattere salariale (il Tfr). Anche in questo caso le ricadute negative per i lavoratori sono consistenti e progressive. All'inizio il risparmio che Tremonti realizza è relativo, ma in dieci anni diventa veramente notevole. Facciamo alcuni esempi riferiti a cosa succede a due profili lavorativi (collaboratore scolastico e docente di scuola media superiore) ai quali il Tfs è stata trasformato in Tfr e che maturano i 40 anni di servizio nel 2011, nel 2015, nel 2020.