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Il commento unitario al decreto del 6 novembre su Università e Ricerca e sul DPR per l'Afam

Comunicato FLC Cgil, CISL Università, CISL FIR, UILPA UR Afam.

07/11/2008
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>> Speciale sciopero 14 novembre 2008 <<

>> Comunicato stampa di Domenico Pantaleo <<

FLC Cgil - CISL Università - CISL FIR - UILPA UR Afam
Comunicato delle segreterie nazionali

Nella giornata di ieri il Consiglio dei Ministri ha varato un decreto recante “Disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca”. Il titolo è molto ambizioso, i contenuti in realtà molto meno.

L’art. 1 prevede a regime il blocco del reclutamento di ricercatori e docenti per gli Atenei che superino il tetto del 90% alle spese di personale, compresa l’indisponibilità dei fondi di 20-40-80 milioni previsti dalla Finanziaria 2007. Prevede inoltre un allentamento del blocco della L.133 sul reclutamento, portando il turn-over dal 20 al 50% della spesa corrispondente al personale in uscita, e specificando che il 60% degli accessi deve essere riservato ai ricercatori. La norma così concepita rischia tuttavia di rappresentare un aggravamento netto della stessa 133:per gli Atenei che superano il 90% delle spese di personale non c’è più neppure il 20% del turn-over; per gli altri, il taglio dei finanziamenti, che resta quello proposto in Finanziaria, li porterà in due anni quasi tutti oltre il 90%, generando lo stesso effetto di blocco totale. In realtà l’intervento necessario deve muoversi su un doppio binario: insieme allo sblocco del reclutamento (per il quale continuiamo a chiedere un investimento straordinario che faccia fronte alle massicce uscite per pensionamento previste), occorre cancellare i tagli del finanziamento, che precipiteranno la gran parte degli Atenei oltre il 90% e in una condizione di squilibrio strutturale di bilancio.

Lo stesso articolo modifica la composizione delle commissioni per il reclutamento di ricercatori, e per le valutazioni ai fini del passaggio a I e II fascia, prevedendo che siano composte da un componente d’Ateneo e da quattro sorteggiati da una lista nazionale di quindici appartenenti al settore disciplinare oggetto del bando. Resta la doppia idoneità. Per l’accesso dei ricercatori la valutazione si svolge solo sui titoli e pubblicazioni prodotte. Le norme valgono per tutte le procedure, anche in corso, per le quali non si siano già costituite le commissioni. Le norme introducono qualche elemento di maggiore trasparenza nelle procedure, ma hanno per effetto un ulteriore slittamento dei tempi delle valutazioni. Appare poi grave ed incomprensibile il fatto che le commissioni sono composte tutte e soltanto da professori ordinari, comprese quelle per l’accesso dei ricercatori, escludendo le altre fasce. Gli ordinari diventano giudici ed arbitri esclusivi di accessi e promozioni: non è esattamente la nostra idea di una comunità universitaria di pari, distinti solo per maturità scientifica.

L’articolo, infine, elimina il taglio del 10% alle dotazioni organiche degli enti di ricerca. Positivo, ma dopo un faticoso giro si torna esattamente alla situazione di prima: perché non viene introdotto anche per gli enti il criterio per il calcolo del turn-over utilizzato per l’Università basato sulle risorse economiche dei pensionandi, e non sul loro numero? Rimane poi il regime autorizzativo che, la storia ci insegna, blocca in molti casi l’autonomo sviluppo degli enti indipendentemente dai fondi disponibili. Perché, come per l’Università, non si supera il vincolo della pianta organica?

L’articolo 2 (misure per la qualità del sistema universitario) prevede che una quota non inferiore al 7% del finanziamento ordinario complessivo (quello attuale, non in misura aggiuntiva) venga ripartita sulla base dei risultati dei processi formativi e delle attività di ricerca scientifica (e fin qui tutto bene, sono anni che chiediamo di cambiare i parametri della distribuzione in senso veramente premiante), “nonché della effettiva riduzione dei corsi di studio e del ridimensionamento delle sedi didattiche”. Qui l’ideologia ha preso la mano al Ministro: nella polemica (giusta, in molti casi) sulla proliferazione impropria delle sedi e dei corsi, si fa di ogni erba un fascio, con il risultato che chi si è comportato meglio -non avendo da tagliare-avrà meno chances di essere destinatario del finanziamento “virtuoso”. I criteri di erogazione li decideranno il CNVSU e il CIVR.

L’articolo 3 incrementa di 65 milioni l’edilizia per residenze studentesche, e di 135 milioni le borse di studio. Siamo lieti di questo importante ripensamento, visto che la Finanziaria riduceva del 60% i fondi per il diritto allo studio. Bene, anche se ci chiediamo le ragioni di questa folgorazione sulla via di Damasco, essendo per natura poco inclini alle folgorazioni.

L’articolo 4 provvede alla copertura finanziaria del decreto.

Il Consiglio dei Ministri ha poi varato uno schema di DPR che autorizzale istituzioni AFAM ad assumere 110 docenti di prima e seconda fascia per far fronte alle necessità didattiche. Anche qui: bene, perché il ruolo ad esaurimento della docenza AFAM previsto dalla L.508/99 è un numero chiuso in esaurimento, e la possibilità di assumere rompe una gabbia che porta alla consunzione delle istituzioni.Ma è chiaro che il problema del personale è un tassello di un puzzle complicatissimo in cui l’AFAM è avviluppata, su cui permane una cappa di silenzio e paralisi da parte del MIUR, e che sta, giorno per giorno, uccidendo le nostre Accademie e i nostri Conservatori.

In conclusione: anche se alcune misure, prese singolarmente, migliorano un po’ la drammatica situazione attuale, non si vede in alcun modo all’orizzonte la volontà della correzione radicale di rotta che si rende necessaria. E’ del tutto evidente che le grandi mobilitazioni in corso stanno preoccupando il Governo in modo crescente, e che è in corso un tentativo di allungare i tempi, sperando in un calo di tensione, e di produrre qualche modifica da spendere come soluzione dei problemi. Resta invece la L. 133, con tutti i suoi tagli e vincoli distruttivi, restano il decreto ammazza-precari e le norme Brunetta, resta una Finanziaria da strangolamento. Resta il silenzio perdurante del Ministero rispetto al dialogo con le parti sociali.

La radicale correzione di rotta non può che essere costituita dalla cancellazione di queste norme, e in seguito dall’apertura di un confronto a tutto campo che riscriva l’agenda delle priorità e delle criticità da affrontare, e individui le soluzioni congrue e condivisibili. Per queste ragioni, lo sciopero e la manifestazione del 14 novembre assumono una rilevanza assoluta e sono confermati in assenza di atti concreti rispetto ai contenuti della piattaforma dello sciopero: per dimostrare che il mondo dell’Università, della Ricerca, dell’AFAM chiede con chiarezza provvedimenti che ridiano un futuro alle istituzioni, a chi vi opera, agli studenti e ai cittadini.

Roma, 7 novembre 2008