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Nuovo regime di contratto a tempo determinato e somministrazione a termine: circolare esplicativa del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali

Prime indicazioni interpretative dopo le modifiche introdotte dal Decreto legge 87 del 12 luglio 2018.

05/11/2018
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La Direzione Generale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha emanato la circolare n.17 del 31 ottobre 2018, con la quale ha fornito le prime indicazioni interpretative in materia di contratto di lavoro a tempo determinato e somministrazione di lavoro dopo le modifiche introdotte dal Decreto legge 12 luglio 2018, n. 87, recante “Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese”, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 agosto 2018, n. 96.

La circolare chiarisce che è demandata alla contrattazione collettiva la possibilità di derogare ai limiti temporali fissando un tetto massimo; non può invece intervenire sulle causali.

Le nuove regole

Dal 1° novembre, per prorogare o rinnovare un contratto a termine già avviato tra le parti, bisognerà seguire in tutto e per tutto le nuove regole stabilite dal Dl 87/2018:

  1. durata massima del primo contratto a termine senza causale di 12 mesi;
  2. oltre i primi 12 mesi, proroga con causale: il datore deve cioè precisare che la prosecuzione del rapporto avviene a tempo determinato per esigenze temporanee e oggettive, estranee all’attività ordinaria (come ad esempio una produzione nuova, mai sperimentata prima), oppure per sostituire altri lavoratori, oppure ancora per esigenze legate a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria; la causale, come precisa la circolare suddetta è sempre necessaria quando si supera il periodo di 12 mesi, anche se il superamento avviene a seguito di proroga di un contratto originariamente inferiore ai 12 mesi;
  3. le proroghe possono essere al massimo quattro nell’arco di 24 mesi (e non più cinque nell’arco di 36 mesi);
  4. la durata massima dei rapporti a termine fra lo stesso datore e lo stesso lavoratore è di 24 mesi, salvo previsioni diverse che la contrattazione collettiva può prevedere.
Regime transitorio

La nuova norma prevede un regime transitorio per i contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della legge. Il 14 luglio 2018 è la data chiave per capire se al contratto a termine si applica il regime transitorio, oppure no. Facciamo l’esempio del rinnovo di un contratto scaduto il 1° ottobre dopo 15 mesi: con un tetto complessivo di 36 mesi, potrà avere una durata massima di altri 21 mesi, senza necessità della causale, solo se siglato entro oggi 31 ottobre. Se, invece, datore di lavoro e dipendente decidono di rinnovare dal 1° novembre in poi, si applicano le nuove regole, per cui, con il nuovo tetto di 24 mesi, sarà indispensabile indicare la causale e la durata massima sarà di altri 9 mesi.

I nuovi contratti

Non esiste, invece, regime transitorio se il primo contratto tra le parti è stato stipulato dal 14 luglio in poi: in questo caso le nuove regole sono scattate subito. Quindi, un accordo siglato per la prima volta il 15 luglio può essere prorogato alla scadenza solo fino a un massimo di 4 volte, e richiederà la causale se saranno superati i 12 mesi; allo stesso modo, in caso di rinnovo, dovrà sempre essere accompagnato dalla causale.

Rinnovi più costosi

Va precisato che le regole transitorie riguardano soltanto la durata massima e la disciplina delle proroghe e i rinnovi, mentre non si applicano alla maggiorazione dello 0,5%, che dal 14 luglio vale per tutti i rinnovi (in via cumulativa, quindi al secondo rinnovo la maggiorazione è dell'1%). È già entrato in vigore (in questo caso dal 12 agosto, in quanto è stato introdotto dalla legge di conversione) anche il nuovo limite del 30% di lavoratori flessibili, intesa come “somma” di lavoratori a tempo determinato e somministrati rispetto al totale di quelli in forza con contratto a tempo indeterminato.