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Nessuna ulteriore forma di autonomia deve andare alle Regioni senza la garanzia dei diritti civili e sociali in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale

Un documento della CGIL denuncia i pericoli di un’autonomia differenziata per l’unità del sistema paese che invece deve essere fondato su un regionalismo cooperativo e solidale.

12/09/2018
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La Segreteria Confederale della CGIL esprime forte preoccupazione per la volontà politica manifestata dal nuovo Governo di accelerare nell’attuazione delle procedure avviate dalle Regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto sia perché le Regioni interessate intendono andare ben oltre le materie oggetto delle intese stipulate il 28 febbraio 2018 col precedente Governo, sia perché si è giunti al coinvolgimento, seppure con modalità diverse, di ulteriori 10 regioni a statuto ordinario.

Maggiore preoccupazione, peraltro, destano le condizioni e ulteriori forme di autonomia richieste che sono basate sull’assunto che, laddove non si riesca ad assicurare i diritti civili e sociali, le Regioni intervengono a tutela dei propri cittadini: una deriva contraria allo spirito della Costituzione che attraverso la determinazione dei Livelli essenziali delle prestazioni (LEP) in materia di diritti civili e sociali (compreso il diritto sociale all’istruzione) si propone di garantirne la fruizione in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale.

La CGIL propone che, per un vero regionalismo cooperativo e solidale, preliminarmente ad ogni nuova forma e condizione di autonomia regionale, si proceda a definire i LEP, laddove assenti (es. in materi di istruzione), si individuino le materie di legislazione concorrente tramite legge quadro, si percorra la via maestra definita dall’articolo 116 della Costituzione dovendosi escludere interventi impropri e incostituzionali tramite decreti delegati.

Pubblichiamo di seguito la nota della Segreteria della CGIL.
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Nessuna autonomia senza garanzia dei diritti e solidarietà

La CGIL ha seguito con attenzione le iniziative intraprese dalle Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna finalizzate, con tutte le diversità di metodo e merito, al riconoscimento di maggiori forme e condizioni di autonomia in attuazione dell’art 116 terzo comma della Costituzione.
La CGIL ha sempre valorizzato, dove possibile, i luoghi di confronto istituzionale, ma con altrettanta fermezza e decisione ha sempre ribadito che qualsiasi provvedimento non dovesse intaccare l’unità del sistema paese, la garanzia dei diritti civili e sociali e l’unitarietà della contrattazione, perché altrimenti si determinerebbe una ulteriore frammentazione delle politiche pubbliche e una disarticolazione del sistema di diritti, che sarebbero per la Cgil inaccettabili.
La CGIL ha sempre sostenuto la necessità di un sistema istituzionale decentrato, capace di valorizzare, in un quadro definito di principi inderogabili, il ruolo delle Regioni e delle autonomie locali nel realizzare un sistema fondato su un federalismo cooperativo e solidale, capace di garantire l’esigibilità dei diritti civili e sociali in modo uniforme su tutto il territorio nazionale.

La Segreteria Confederale della CGIL esprime preoccupazione per la volontà politica del nuovo Governo di accelerare nell’attuazione delle procedure avviate dalle Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna in materia di autonomia differenziata, per la volontà delle regioni interessate di andare ben oltre le materie oggetto delle intese stipulate il 28 febbraio (su cui in ogni caso evidenziammo criticità), e per il coinvolgimento, seppur con intensità e modalità ad oggi differenti, di ulteriori 10 Regioni a statuto ordinario.
La Cgil ritiene prioritaria la garanzia dell’unità del sistema paese e dell’esigibilità dei diritti civili e sociali su tutto il territorio nazionale, e ribadisce l’assoluta contrarietà per l’idea sottesa a queste iniziative secondo cui l’efficienza, il benessere, gli stessi diritti fondamentali siano un bene limitato e non che la loro estensione sia una condizione di sviluppo necessaria per tutti; per l’idea che una problematica comune a tutto il paese (es. il blocco delle assunzioni, della capacità di spesa a fronte di risorse disponibili, dell’efficienza dei servizi pubblici…) sia affrontabile con la “regionalizzazione” della rivendicazione, diventando da tema di difficoltà generale a motivo di esclusività; per l’idea che il decentramento e l’autonomia siano strumenti da utilizzare per cristallizzare se non incrementare le disuguaglianze tra territori invece che per ridurle.

La CGIL, dunque, è impegnata in un percorso di iniziativa e di confronto con tutti i soggetti istituzionali, finalizzato a far sì che:

  • non sia attuato nessun riconoscimento di maggiore autonomia in assenza di una legislazione nazionale che garantisca l’uniformità dei diritti civili e sociali. Riteniamo, infatti, prioritaria la definizione di tutti i Livelli Essenziali delle Prestazioni e delle leggi di principio per le materie di legislazione concorrente nelle cui maglie può e deve essere agita l’autonomia regionale in un’ottica di sviluppo e promozione delle specificità territoriali e su questo chiediamo un impegno alle forze parlamentari;
  • le funzioni oggetto di disponibilità per la differenziazione, i criteri da adottare per l’attribuzione delle ulteriori risorse, le modalità che garantiscano la sussistenza di Fondi perequativi a garanzia dei Lep siano definiti da una legge quadro sull’art 116 terzo comma e non da una Commissione paritetica cui verrebbero attribuite competenze improprie;
  • sia rispettato il dettato costituzionale che prevede il coinvolgimento del Parlamento, e non si dia seguito a improprie procedure di delegazione legislativa che demandino al Governo o a Commissioni di dubbia legittimità la definizione dei termini delle intese;
  • la Conferenza delle Regioni assuma un ruolo di coordinamento e un orientamento comune in questo processo;
  • le parti sociali siano coinvolte a livello regionale e nazionale nei tavoli di confronto che definiranno i termini delle intese tra Stato e singole Regioni.