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Legge di bilancio 2019: nessuna discontinuità. Per i settori della conoscenza solo briciole e interventi a costo zero

Confermata l’assoluta marginalità della scuola, dell’università e della ricerca nelle politiche del Governo. Siamo pronti alla mobilitazione per rivendicare un piano di investimenti per Istruzione e Ricerca: l’unica vera discontinuità che serve al Paese.

23/12/2018
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È stata presentata in Senato la nuova manovra economica per il 2019 (sotto forma di maxi emendamento alla legge di bilancio da votare a scatola chiusa con voto di fiducia) riveduta e corretta alla luce delle osservazioni della Commissione UE.

Le nostre proposte emendative

Cgil, Cisl e Uil in piazza contro la manovra

Ad una primissima lettura questa nuova manovra, totalmente sconosciuta al Parlamento che nei fatti non l’ha mai discussa, mantiene e accentua tutti i limiti della precedente versione: un intervento insufficiente, senza una idea coerente di sviluppo e rilancio del Paese.

Avevamo detto fin dall’inizio che aumentare la spesa in deficit era giusto ma mettendo al centro l’aumento dei salari e gli investimenti a partire dai settori della conoscenza. La legge di bilancio avrebbe dovuto virare in questa direzione piuttosto che ridurre i saldi.

Invece, la dialettica con l’UE è stata chiaramente subita dal Governo che per salvare in qualche modo le misure simbolo dei programmi elettorali dei due partiti di maggioranza sacrifica tutto il resto a partire proprio dai nostri settori.

Al netto dell’incremento delle misure di sostegno al reddito e della cosiddetta quota 100, entrambe ridimensionate drasticamente e prive di una solida certezza di attuabilità, registriamo infatti, ancora una volta, forti penalizzazioni per i settori della conoscenza.

Sul piano pensionistico quota 100, misura peraltro temporanea e sperimentale valida per tre anni, si applicherebbe da ottobre (senza una specifica deroga nella scuola si salterebbe un anno intero).

Sempre in materia di pensione, non si realizza, se non assai parzialmente, l’adeguamento all’aumento del costo della vita per le pensioni al di sopra dei 1.500 euro lordi.

Le assunzioni nelle pubbliche amministrazioni, compresa l’università, saranno bloccate fino a novembre (escluse dal blocco sarebbero scuola, ricerca e AFAM).

Si prevede un incremento di risorse per il bilancio del CNR (30 mln) e incredibilmente nulla per il resto del comparto.

Mentre si incrementa di ulteriori risorse il fondo per il segmento 0-6 (10 mln) si conferma la grave insufficienza dei finanziamenti per i rinnovi contrattuali 2019-2021 dei lavoratori pubblici (che non bastano a coprire neanche l’inflazione prevista per il triennio).

Assenti anche le risorse per la stabilizzazione del personale precario e l’incremento di organico nella scuola pubblica, a parte 290 assunzioni di personale educativo, a fronte di decine di migliaia di posti vacanti. Nessuna fase transitoria viene prevista per i docenti della scuola di seconda e terza fascia.

Dopo numerose promesse fatte dalle forze di maggioranza nessuna soluzione è stata trovata per dare dignità al lavoro degli ex co.co.co. transitati nei ruoli del personale ATA con un part-time forzato.

Per il personale ATA (ausiliario, tecnico, amministrativo) della scuola nessun incremento di posti a conferma che su questo settore si ripetono le stesse politiche negative dei precedenti governi.

Misure positive come la cancellazione degli ambiti territoriali introdotti dalla legge 107/2015 (a costo zero) non possono essere di per sé sufficienti a dare un segnale di discontinuità sulle politiche scolastiche che reclamano investimenti concreti in strutture, organici e personale.

Una manovra nei fatti non espansiva, che non punta sugli investimenti, che dimentica i giovani e non combatte il precariato nei settori della conoscenza.

Nelle prossime ore torneremo con ulteriori approfondimenti su scuola, università, ricerca e alta formazione.