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Referendum sull’alternanza scuola lavoro: via le norme che ne stravolgono ruolo e finalità!

Tempi e modi di realizzazione dei percorsi devono essere decisi dalle scuole.

01/04/2016
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Il 9 e il 10 aprile, in centinaia di piazze italiane avrà luogo l’inizio della raccolta delle firme per i referendum relativi all’abrogazione di alcune norme contenute nella legge 107/15.

Uno dei quesiti referendari riguarda l’abrogazione di alcune norme sull’alternanza scuola lavoro presenti nel comma 33. In particolare si chiede di abrogare i riferimenti alla:

  1. precisa quantificazione del monte ore minimo da dedicare nel triennio all’alternanza, con una distinzione tra licei, da una parte, (200 ore) e istituti tecnici e professionali, dall’altra (400 ore)
  2. finalizzazione dell’alternanza per incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti.

Obbligatorietà dell’alternanza

Il primo punto rientra nell’ambito delle disposizioni della Legge 107/15 che rendono obbligatoria l’alternanza scuola lavoro, di cui al D. Lgs. 77/05, nell’ultimo triennio di tutte le filiere della secondaria di II grado. L’obbligatorietà è introdotta attraverso tre dispositivi:

  • la quantificazione del monte ore minimo nel triennio
  • lo stanziamento di risorse finanziarie stabili (100 milioni di euro annui a decorrere dal 2016) rientranti nelle spese di funzionamento ordinario delle scuole (comma 39)
  • la programmazione delle attività nel Piano triennale dell’Offerta Formativa (PTOF), collegata, anche, alla richiesta dell’organico dell’autonomia del personale docente.

In relazione all’obbligatorietà, il quesito referendario interviene solo sul primo dei tre dispositivi. Chiunque abbia incontrato in tutta Italia il personale impegnato da anni in attività di alternanza, può testimoniare come la quantificazione delle ore rappresenti un’autentica forzatura. In primo luogo, perché la legge non fornisce alcuna giustificazione scientifica, pedagogica, didattica, ecc. del monte ore individuato. In secondo luogo, perché interviene a gamba tesa sull’autonomia didattica e organizzativa delle scuole alle quali compete progettare i percorsi e individuare le parti del profilo educativo previsto dai regolamenti della secondaria di II grado, le competenze, le abilità e le conoscenze dei vari campi e ambiti disciplinari, da sviluppare e valutare in relazione agli studenti in “carne ed ossa”. In terzo luogo perché è evidente il rischio che pur di coprire il numero di ore individuato dalla Legge, si utilizzino gli studenti come vera e propria manodopera gratuita.

Il quesito referendario non tocca la parte relativa ai finanziamenti. L’art. 9 comma 1 del decreto istitutivo dell’alternanza (D. Lgs. 77/05) prevedeva che le risorse dedicate all’alternanza fossero prelevate dai fondi della Legge 440/97 “Istituzione del Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi”. In altre parole l’alternanza non era obbligatoria, era legata a specifici progetti presentati dalle scuole, i progetti dovevano essere rendicontati secondo modalità definite anno per anno dal MIUR.

Il comma 39 della Legge 107/15 rende, da un lato, stabile il finanziamento (100 milioni di euro all’anno) per l’alternanza, dall’altro, prevede che le risorse siano assegnate ed erogate a tutte le scuole secondarie di II grado con le stesse modalità del fondo di funzionamento amministrativo-didattico (comma 11 della Legge 107/15) e pertanto non soggette a rendicontazione (Nota 3623/16). L’assegnazione dei finanziamenti, quale quota parte del fondo di funzionamento amministrativo, e la precisa finalizzazione definita dalla Legge 107/15, rende obbligatoria per le scuole la programmazione di percorsi in alternanza.

La conseguenza è chiara: le scuole sono tenute ad inserire i percorsi in alternanza nel PTOF non occasionalmente o facoltativamente, ma come elemento strutturale di tale documento. A tal proposito le scuole legittimamente potrebbero richiedere specifiche risorse di personale, nell’ambito dell’organico dell’autonomia, per supportare con maggiore efficacia la realizzazione dei percorsi.

In conclusione: con l’abrogazione delle parti del comma 33 indicate dal quesito referendario, le scuole secondarie di II grado avranno l’obbligo di prevedere e progettare percorsi di alternanza nell’ambito del curricolo di tutti gli studenti, ma saranno libere di individuare tempi e modi di realizzazione.

Finalità dell’alternanza

Il quesito referendario interviene in maniera forte, invece, sulla parte relativa alle finalità dell’alternanza. Secondo la Legge 107/15 essa ha come bersaglio fondamentale l’incremento delle opportunità di lavoro degli studenti. L’orizzonte culturale e valoriale in cui si muove la 107/15 è chiaro: la centralità non è del ragazzo in formazione, ma dell’impresa. In questo senso il compito primario della scuola è quello di soddisfare il fabbisogno di competenze del sistema economico incrementandone la competitività. La lettura della realtà da parte della scuola deve essere a una dimensione e tutta orientata costruire i percorsi formativi in correlazione con le filiere produttive. In alcuni documenti e accordi tra MIUR e soggetti imprenditoriali vi è più di un richiamo alla replicabilità di precisi modelli di alternanza, anche in relazione al numero di ragazzi (circa un milione e mezzo) che, a regime, saranno coinvolti nei relativi percorsi.

Si tratta di opzioni, oltre che non condivisibili, obsolete. Continuare a considerare l’alternanza scuola-lavoro come uno strumento del “mercato del lavoro”, ricorda paradigmi vecchi di decenni che pensavamo superati. Sulla replicabilità previa “modellizzazione” dei percorsi in alternanza, è evidente che si immagina che le pratiche educative possano essere riprodotte proprio come si farebbe con un processo industriale che può essere trasferito in un nuovo impianto!

Noi crediamo ad un modello alternativo nel quale la centralità sia data ai ragazzi in formazione, con i loro bisogni, le loro ansie e aspirazioni. L’alternanza in questo contesto, può essere uno strumento straordinario per sviluppare nei ragazzi le capacità di conoscenza, comprensione, interpretazione e di cambiamento della realtà, a partire anche dai contesti lavorativi. Tutto ciò potrebbe contribuire a rinnovare metodi di lavoro e modalità organizzative delle scuole secondarie di secondo grado.