FLC CGIL
Elezioni CSPI, si vota il 7 maggio 2024

https://www.flcgil.it/@3815203
Home » Attualità » Europa e Mondo » Congresso della FETE-UGT.

Congresso della FETE-UGT.

Spagna, Giugno 2005

12/06/2005
Decrease text size Increase  text size

Spagna

Giugno

Congresso della FETE-UGT. Più di 300 delegati hanno discusso sul ruolo dell’educazione per lo sviluppo sociale ed economico, al XIV congresso della FETE-UGT, tenutosi a Madrid la settimana scorsa.

All’ordine del giorno i temi della riforma della scuola e lo Statuto docente. Per quanto riguarda il primo punto, abbastanza scontato il giudizio positivo, accompagnato però dalla richiesta di finanziamenti certi e dalla necessità che lo Stato mantenga un ruolo d’indirizzo, monitoraggio e verifica per garantire standard nazionali nonché di sostegno alle situazioni territoriali con difficoltà finanziarie.

Il congresso ha, inoltre, confermato l’unità d’azione con la Federazione dell’insegnamento affiliata alle Comissiones Obreras, con l’obiettivo di definire un Patto educativo in grado di vincolare tutti i partiti politici.

Il governo approverà la nuova riforma in Luglio. Zapatero sembra non voler dar tempo al tempo, Dopo aver bloccato la riforma della destra nel maggio 2004, dopo aver aperto la discussione in autunno, dopo aver presentato il 29 marzo scorso il cosiddetto “anteprojecto”, la sua ministra dell’istruzione prevede di fare congedare la nuova riforma della scuola al Governo, perché poi la invii al Parlamento, tra il 22 e il 29 luglio. Questi i temi ancora scottanti:

  • Il finanziamento: in Spagna solo il 4,4% del PIL va all’educazione ( nel 1993 era il 4,3%) mentre la media europea è del 5,1%, ed in più in Spagna c’è il problema della ripartizione della spesa tra scuola pubblica e scuola privata convenzionata ( che copre il 30% dell’utenza).

  • Le rette nella scuola convenzionata: per quanto finanziata la scuola privata convenzionata spagnola non rinuncia e esigere rette ( anche se proibite dalla legge, vengono estorte sotto forma di versamenti “volontari” ad associazioni di genitori o fondazioni). La nuova legge accentua i divieti, ma consente di esigere rette per doposcuola e attività extrascolastiche e ciò genera differenze tra preparazione nel pubblico e nel privato.

  • Il costo delle legge: il 31 maggio il ministero aveva presentato un calcolo di 6.100 milioni di euro, ma era comprensivo anche delle borse di studio universitarie, e tuttavia aveva promesso di presentarne uno più specifico, contrariamente a ciò che aveva fatto il Pp con la sua riforma.

  • I tagli alle discipline: alcune discipline verranno ridotte, questo ha già provocato polemiche, rispetto alle quali sono state soddisfatte le rivendicazioni di filosofia e di educazione civica ed etica, ma non quelle di arte, musica e tecnologia.

  • L’insegnamento della religione: la nuova legge propone che religione sia facoltativa e valutabile e che ci sia una disciplina o più discipline alternative, non valutabili, per i non avvalentisi il che fa gridare alla discriminazione, le associazioni dei genitori e degli insegnanti cattolici.

In luglio sarà rivista anche la legge universitaria. Non solo la riforma scolastica delle destra, ma anche quella universitaria (LOU) che tre anni fa portò nelle strade migliaia di studenti e insegnanti, verrà rimessa in discussione in luglio. La ministra dell’educazione Maria Jesus de San Segundo confida infatti di riuscire a consegnare in luglio al Parlamento il disegno di legge, anche se il lavoro è un po’ indietro. Infatti il Consiglio di coordinamento universitario (rettori, rappresentanti delle regioni, e 21 parlamentari) ha nominato quattro sottocommissioni di lavoro (medico-scientifica, tecnica, giuridico-sociale, umanistica) le quali però non hanno ancora inviato i loro documenti alla commissione di esperti incaricata di redigere il testo. Al centro del nuovo testo è al riforma dei percorsi universitari da omologarsi al cosiddetto nuovo Spazio Europeo dell’Educazione Superiore che dovrebbe avere avvio nell’ottobre 2007.

Il processo di Bologna non è necessariamente liberista. E’ quanto sostiene in una intervista al quindicinale no-global “Diagonal” ( distribuito a Barcellona nel corso del recente Social Forum del Mediterraneo) lCarmen Ruiz-Rivas, direttrice generale dell’istruzione universitaria spagnola (praticamente corrispondente a ciò che da noi la sotto-segretaria al settore). Alla prossima riunione di Bergen ( che riunirà ben 45 paesi) gli obiettivi della formazione universitaria resteranno, per la delegazione spagnola, la diffusione e la produzione della conoscenza e tuttavia questa formazione deve consentire lo sviluppo personale. Perciò – sostinene la signora Ruiz-Rivas - parlare di sbocchi professionali non vuol dire allinearsi al mercato ma chiedere che il mercato riconosca la valenza della formazione universitaria. Non mancheranno settori politici che pensano che il ruolo dell’università sia solo lo sviluppo economico, ma per il governo spagnolo i fondamenti restano tre: il rinforzo dela funzione di ricerca svolta dall’università, il rafforzamento dell’uguaglianza di opportunità nell’accesso alla conoscenza e il perseguimento della cooperazione internazionale. In questo ambito Carmen Ruiz-Rivas ha negato che la Spagna pensi di ridurre i titoli da 144 a 77 e che sul fronte delle relazioni col corpo studentesco privilegi le associazioni organizzate nell’ ESIB (l’associazione europea degli studenti, istituzionale e pro-Lisbona, a detta degli intervistatori) a scapito delle altre “più antagoniste”, anche se con queste la relazione è più informale.

Discipline artistiche e tecnologiche in sofferenza. Non amano molto le riforme gli insegnanti delle discipline artistiche spagnole. Perché, dicono, ogni volta che se ne fa una a loro tagliano ore e organici. La prima pugnalata alle spalle l’avevano avuta con la legge sulle materie umanistiche collegata alla LOCE, la riforma della destra spagnola. Ora sembra che la stessa cosa stia succedendo anche per la LOE, l’”anteprojecto” che il ministero socialista ha messo in campo per contrastare la LOCE. Questo infatti prevede che tra arti visive, arti plastiche e musica si insegnino un solo anno dei primi tre della secondaria obbligatoria.
La vecchia legge socialista (LOGSE) prevedeva che musica fosse insegnata obbligatoriamente due ore alla settimana in prima seconda e terza e che in quarta fosse opzionale, così come nei due anni del liceo. Poi la legge sulle materie umanistiche la fece scomparire dal liceo dove solo in seconda e solo per l’umanistico e le scienze sociali furono mantenute ore di storia della musica.
Anche per arti visive e plastiche erano previste due ore in prima seconda e terza della secondaria obbligatoria , che la riforma delle materie umanistiche ridusse a un’ora, per adare l’altra a matematica o a lingua.
I professori lamentano di pagare il prezzo di discipline a cui viene dato uno scarso valore di mercato, mentre al contrario hanno una grande valenza integrativa, aggregante ed educativa.
Ma anche i professori delle materie tecnologiche, che pure di mercato dovrebbero averne, lamentano la stessa cosa.. Nella secondaria obbligatoria anche la disciplina di tecnologia è attualmente obbligatoria in prima seconda e terza e opzionale in quarta, ed è così fin da quando fu introdotta grazie alla LOGSE.
Con la LOE rimarrebbe obbligatoria in uno solo dei primi tre anni e sarebbe opzionale in quarta.. Nel liceo l’indirizzo tecnologica verrebbe poi unificato con l’indirizzo scientifico e l’area disciplinare tecnologica con quella informatica.
La maggior parte degli insegnanti sono ingegneri, architetti, e laureati in chimica e fisica e sono riuniti in una Piattaforma Statale dei Professori di Tecnologia e hanno fatto manifestazioni a Madrid, Santiago de Compostela e Tenerife, ma hanno preso posizione contro queste riduzioni anche il Collegio degli Ingegneri Industriali, la Reale Accademia di Ingegneria, la Società Catalana di Tecnologia, l’Università Politecnica della Catalogna. L’Istituto di Tecnoetica..

No al “processo di Bologna”. 1.978 docenti universitari spagnoli delle università pubbliche, per lo più, ma anche private, costituitisi in un Collettivo dei Professori per la Conoscenza hanno sottoscritto un documento dal titolo “Quale educazione superiore europea?” in cui criticano il cosiddetto “processo di Bologna” e lo hanno presentato al ministro dell’educazione spagnola. In questo documento ordinari, docenti titolari e docenti a contratto, ricercatori e borsisti si dicono favorevoli a una trasformazione dell’università, ma non a quella in atto che prevede lo scivolamento verso un modello universitario all’americana. Al centro della critica sono soprattutto la prevedibile dipendenza dell’università dal mercato, la costruzione di un’elite di laureati di secondo livello contro una massa di laureati di primo livello destinati al lavoro, la mancanza di finanziamenti, l’aziendalizzazione dell’università, lo strapotere del pedagogismo sotto la veste dell’”apprendere ad apprendere”.

La scuola estiva delle Comisiones Obreras. Ogni anno, tranne quello in cui si svolge il periodico congresso nazionale, la Federazione dell’Insegnamento delle Comisiones Obreras riunisce la cosiddetta Escuela de Verano, una specie di convegno annuale in cui si tengono corsi e seminari per gli iscritti. Quest’anno l’iniziativa si è svolta a Toledo, dal 2 al 5 giugno, nella splendida cornice dell’Università di Castiglia-La Mancha, un convento medioevale ristrutturato. Molti i temi trattati nelle diverse conferenze, tavole rotonde e seminari. Molto interesse hanno suscitato i confronti internazionali, alla cui realizzazione ha partecipato anche la FLC-CGIL, in particolare il seminario sui sistemi scolastici europei in cui sono state portate le esperienze di Francia, Italia, Finlandia e Inghilterra e la tavola rotonda sull’università europea dove oltre agli spagnoli sono intervenuti rappresentanti italiani e francesi.

Tag: fete, spagna