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Comitato Europeo Permanente sull’Università e la Ricerca: un breve resoconto dei lavori di Bruxelles

Libertà accademica, solidarietà internazionale, Processo di Bologna e European Universities Initiative, i principali temi in agenda.

10/09/2019
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Il 9 e il 10 settembre 2019 si sono svolti a Bruxelles i lavori del Comitato Europeo Permanente sull’Università e la Ricerca (HERSC), con la partecipazione di oltre 31 organizzazioni sindacali, in rappresentanza di circa 20 paesi europei ed extra europei. Il comitato coordina le attività dei sindacati che operano nei settori dell’Università e della Ricerca, raccoglie le organizzazioni aderenti all’Internazionale dell’Educazione Europea, e sostiene il Bureau Europeo dell’ETUCE (European Trade Union Committee on Education). Gli obiettivi del Comitato, in cui la FLC CGIL esprime una vice-presidenza, sono di offrire indicazioni e sostenere le attività di ETUCE sul settore dell’alta formazione, dell’Università e della ricerca, e di condividere informazioni, esperienze e buone pratiche per rafforzare il lavoro sindacale europeo e quello nei singoli paesi.

Il principale tema di discussione è lo stato di attuazione del cosiddetto “processo di Bologna, in previsione della conferenza interministeriale di giugno che si terrà nel giugno 2020 a Roma, ed a seguito delle celebrazioni del ventesimo anniversario della Dichiarazione di Bologna.

ETUCE partecipa, con propri delegati, ai diversi gruppi di lavoro ed è uno tra gli stakeholder del Bologna Follow Up Group. I temi centrali che cercheremo di vedere rappresentati nel documento finale che sarà presentato e approvato a Roma, e sui quali il comitato da tempo lavora, sono: il contrasto al precariato; la difesa della libertà accademica (intesa in senso ampio come libertà dei singoli e delle istituzioni da condizionamenti alle attività di ricerca, di didattica, di autogoverno); la valorizzazione della didattica e il miglioramento delle condizioni di lavoro. E’ importante che nei prossimi mesi si esercitino pressioni sui ministri dei singoli governi affinché questi temi entrino con maggiore forza nell’agenda dello spazio europeo della ricerca e delle politiche dei singoli Stati. Proprio per rilanciare le iniziative sul tema dell’Academic Freedom, il Comitato ha deciso di fare una complessiva ricognizione, paese per paese, sullo stato della libertà accademica in Europa, con l’obiettivo di organizzare nel contesto della conferenza interministeriale di Roma un momento di confronto e dibattito pubblico. ETUCE ha già approvato nel 2018 una risoluzione (pubblica) che impegna tutte le organizzazioni aderenti a porre il tema della libertà accademica al centro delle proprie iniziative. Questo documento sarà quindi ampliato e reso un più complessivo rapporto da presentare ai commissari europei e ai governi dei paesi aderenti all’EHEA. Nel corso del confronto è stata anche illustrata la dichiarazione del Global Forum on Academic Freedom, Institutional Autonomy, and the Future of Democracy tenutosi a Strasburgo il 20 – 21 giugno di quest’anno, e organizzato da: Council of Europe; the International Consortium for Higher Education, Civic Responsibility and Democracy; the Organization of American States; the Magna Charta Observatory; and the International Association of Universities. Il documento è una buona base di confronto e impegna innanzitutto il Consiglio d’Europa e i paesi e le organizzazioni che hanno sottoscritto la dichiarazione a garantire libertà accademica e autonomia delle istituzioni come strumenti per rafforzare la vita democratica. Mancano, tuttavia, nella dichiarazione, indicazioni chiare sui passi e le iniziative da intraprendere.

Il Comitato, per conto di ETUCE, ha quindi preparato un documento dal titolo “Academic United for Quality Higher Education” che sarò inviata al BFUG come contributo alla consultazione pubblica sul futuro dell’EHEA che chiuderà il 15 ottobre.

Il comitato ha quindi incontrato incontrato Slaven Misljencevic, Roberta Zobbi, Tine Delva, policy officiers per la Commissione Europea che sono intervenuti rispettivamente sullo stato di attuazione dello schema pensionistico pan-Europeo RESEAVER e sul programma quadro ERIC “European Research Infrastructure Consortia” e sulla linea di finanziamento Erasmus – European University Initiative.

RESEAVER è uno schema pensionistico pan-europeo che rispondesse alle necessità di tutela previdenziale di tutti quei ricercatori, tanto dei settori pubblici quanto di quelli privati, in mobilità tra i diversi paesi. Lo schema si colloca nel cosiddetto “secondo pilastro”, ossia è composto come un sistema complementare individuale cui concorrono il singolo lavoratore (a tempo indeterminate o determinato, non necessariamente solo ricercatore) e i suoi datori di lavoro, e non deroga alle leggi o alle norme previdenziali e fiscali definite dal contratto nazionale di lavoro del paese dell’istituzione aderente. Lo schema prevede anche la costruzione di piani individuali pensionistici o di investimento (“terzo pilastro”). L’impressione delle organizzazioni sindacali aderenti a ETUCE è che a due anni dall’avvio, il percorso di attuazione di RESEAVER sia ancora poco avanzato, e le istituzioni che hanno aderito siano molto poche e geograficamente molto sbilanciate. I dubbi legati all’implementazione di questo schema restano a tutt’oggi molto forti, e in ogni sede e incontro il Comitato ha espresso le proprie perplessità sulla sua natura e le sue effettive capacità di rispondere ai bisogni dei ricercatori in mobilità di questo strumento.

Il programma europeo ERIC (The European Research Infrastructure Consortium) costituisce invece un quadro giuridico europeo finalizzato a facilitare la costituzione e il funzionamento di Infrastrutture di Ricerca di interesse europeo. Queste infrastrutture devono essere costituite in uno degli stati EU ma devono essere il frutto di una joint-venture tra stati. Il loro obiettivo primario è contribuire ad attività e progetti di ricerca e le proprie attività non debbono avere finalità commerciale o “profit”. Sono al momento attivi 20 centri ERIC in Europa.

In ultimo, ospite dei lavori è stata la policy officer Tina Della che ha illustrato la linea di finanziamento europea dedicata alla istituzione di reti di “Università Europee” (European Universities Initiative). Questa iniziativa della Commissione, fortemente voluta dal governo Francese e dal presidente Macron, deve dare vita a network di atenei europei che - sulla base di un progetto strategico - definiscono una missione comune e tutta una serie di azioni che si configurano la costruzione di un campus universitario europeo. Al primo bando, finanziato con circa 85M di euro, hanno partecipato circa 53 reti universitarie e i progetti approvati sono stati 17, con una significativa presenza di atenei italiani. Il prossimo bando dovrebbe prevedere uno stanziamento di 120M di euro per ulteriori 24 progetti. Se l’iniziativa cerca di dare una risposta alla necessità di promuovere una maggiore internazionalizzazione dei sistemi universitari europea e offrire strumenti innovativi a favore della mobilità di studenti e staff, il rischio è che questo strumento finisca per favorire la separazione tra nuclei di atenei internazionalizzati “e eccellenti” e atenei che restano invece esclusi da processi di maggiore integrazione. Già il primo bando mostra quanto relativamente pochi siano gli atenei est-europei e mediterranei. Peraltro, il finanziamento non è tale da sostenere l’enorme impegno di riorganizzazione dei servizi che gli atenei aderenti ai network devono sostenere.

Tra i temi discussi vi sono stati quelli del precariato universitario e la necessità per le organizzazioni sindacali di ripensare il proprio impegno su questo tema. L’organizzazione sindacale norvegese NAR (Norvegian Association of Researchers) ha presentato la propria campagna sul precariato nella Ricerca e nell’Università e illustrato i più recenti sviluppi del dialogo avviato col governo e con gli atenei per individuare iniziative comuni di contrasto al lavoro precario.

In ultimo, nel quadro delle attività di solidarietà internazionale, il Comitato ha incontrato un delegato di Eğitim Sen, organizzazione sindacale turca i cui membri e affiliati sono stati fortemente colpiti dalla repressione del governo. Benché le notizie non siano del tutto confortanti, e rimanga ancora molto debole la pressione Europea sul governo in carica, ci sono però alcune importanti novità. I primissimi giudizi delle corti hanno visto infatti accolte le tesi degli avvocati dei docenti di Academics for Peace arrestati con l’accusa di alto tradimento. Nel corso di una partecipatissima conferenza stampa tenutasi a Istanbul, è stato letto un messaggio di solidarietà inviato ai colleghi da ETUCE e dal Comitato. Ecco il testo del comunicato:

Il Comitato Permanente per l’Università e la Ricerca di ETUCE che rappresenta le organizzazioni sindacali di oltre 50 paesi in Europa è felice di apprendere che, a seguito delle audizioni tenutesi ieri, le accuse di terrorismo fatte ai docenti universitari che hanno firmato nel 2016 la dichiarazione “We will not be a party to this crime!” sono state tutte rigettate, e che gli studiosi sono stati dichiarati innocenti. Ci congratuliamo con tutti i colleghi in Turchia per questo risultato positivo, e speriamo che sia un passo verso il pieno riconoscimento della libertà accademica nel paese e verso il superamento delle divisioni e delle diffidenze che i licenziamenti avevano prodotto nella società turca. A seguito di questa importante decisione, riteniamo siano necessari ulteriori passi nel doveroso percorso di reintegrazione di accademici e docenti che hanno perso il loro lavoro a causa di queste accuse, e che si debba riconoscere loro il periodo in cui sono stati senza lavoro e impossibilitati a ricevere retribuzioni o prestazioni sociali. Auguriamo ai nostri colleghi turchi la rapida ripresa di una vita normale con le loro famiglie e le loro comunità.

La prossima riunione del Comitato Europeo Permanente per la Ricerca e l’Università si terrà il prossimo marzo.